Un fisico imponente, grinta a badilate e qualche intervento oltre il limite del consentito gli erano valsi il soprannome di “Rambo”, peraltro coniato proprio durante l’esperienza al Torino. E a quell’appellativo, trent’anni più tardi, Roberto Policano è rimasto fedele anche lontano dal campo: «Il Torino sta dando via tutti i migliori, la piazza è a un punto di rottura definitivo: i tifosi sono stufi del presidente Cairo e dei suoi comportamenti», la sua panoramica sul mondo granata, un paio di giorni fa, a Tmw Radio. Anche perché, a una manciata di giorni dall’inizio della sta gione, le operazioni in entrata languono. «Difficile dare un giudizio sul mercato, perché finora praticamente non c’è stato – il pensiero del tornante sinistro al Torino dal 1989 al 1992, oggi osservatore dell’Udinese -. Ritardo sulla tabella di marcia? Dipende dai piani della società: se sono in programma almeno dieci acquisti, come chiedeva Juric a inizio estate, allora direi proprio di sì. Ma magari ci si fermerà senza arrivare alla doppia cifra».
Roberto Policano, è preoccupato per le difficoltà del Torino?
«Alla luce dei nomi che si leggono in questi giorni come possibili innesti, credo che Vagnati si stia muovendo bene. Lo conosco e mi fido di lui, perché è uno che annusa i talenti. Il problema è che non dipende solo da lui…»
In che senso?
«Le ambizioni del Torino, in questo momento, passano dalla volontà di Cairo di portare avanti investimenti. Se il mercato si rivelerà al risparmio, allora sarà inevitabile pensare alla solita stagione in cui puntare a una salvezza tranquilla».
Altrimenti?
«Altrimenti, alla luce della buona ossatura ereditata dallo scorso anno, si potrà pensare anche all’Europa. Ma serve almeno reinvestire il “tesoretto” accumulato con la cessione di Bremer».
Come ha vissuto l’addio del brasiliano?
«Da un punto di vista economico, l’operazione è stata corretta: al giorno d’oggi tutti quei milioni sono difficili da reperire e, di conseguenza, da rifiutare. Diciamo che sarebbe stata persino ineccepibile, se solo non fosse stato ceduto proprio là…»
Sul caso Belotti, invece, che idea si è fatto?
«La colpa sta probabilmente nel mezzo, perché si è aspettato troppo per iniziare a trattare il rinnovo di contratto. Ma sono dell’idea che il Gallo sia stato consigliato male: pensava di ritrovarsi tra le mani chissà quale proposta, invece a fine luglio è ancora svincolato. E ormai lontano da una piazza che lo ha amato come pochi altri dove, al posto suo, sarei rimasto senza alcun tentennamento».
E ora quali sono le priorità sul mercato?
«Rimpiazzare questi due punti di riferimento che sono stati persi, innanzitutto: serve un centrale che attutisca la partenza di Bremer, che a tratti nelle ultime stagioni ha alzato un muro invalicabile quasi da solo, e un attaccante che garantisca almeno la doppia cifra per apporto di reti».
Chi è il nuovo punto di riferimento del Torino?
«Sicuramente Lukic, la sua crescita mi ha impressionato: con Juric ha acquisito intensità ed è migliorato anche nel recupero del pallone. Ora è un centrocampista tra i più completi della Serie A, indispensabile in entrambe le fasi di gioco».
Lukic l’ultima rivelazione, quale sarà la prossima?
«Confido in Pellegri, che era considerato un giovane di enorme prospettiva: se riuscirà a mettere da parte gli acciacchi e tornare nei binari che aveva imboccato, allora potrà essere la sorpresa del prossimo campionato».
Juric è stata una sorpresa?
«No, per il semplice fatto che non lo scopriamo oggi. Il tecnico è un grande valore aggiunto: ha dato un’impronta importante e ha convinto il gruppo a seguirlo nell’idea di un calcio molto dispendioso. E poi ha assicurato uno spirito molto da Toro: la sua figura calza a pennello in questa realtà».
Il tecnico croato ha costruito qualcosa che le ricorda il gruppo dei suoi tempi?
«Difficile fare paragoni, perché quello era un calcio profondamente diverso. Ma la mentalità che ha inculcato è quella giusta, lo dimostra l’impegno in campo della squadra lo scorso anno nelle vittorie come anche nelle sconfitte».