Calciatori, allenatori, presidenti: è lunga la lista degli sportivi (anche stranieri…) finiti nell’urna delle elezioni del presidente della Repubblica
24 gennaio
– Milano
Insulti scritti in rima, del tipo “Nano maledetto, non sarai mai eletto”. Lanci di monetine da 500 lire e appellativi offensivi, mentre una voce risuona per cercare di riportare la calma. Un bicchiere di Cynar, nel tentativo ironico di far accettare un risultato indigesto. Tutte immagini che a ragione potrebbero rievocare il clima di uno stadio, un luogo che vanta un proprio codice di comportamento, dove alcuni valori della vita quotidiana sono travalicati in nome della rivalità tra fazioni opposte. Eppure, sono tutti episodi accaduti a Montecitorio, durante la procedura più solenne della Repubblica: l’elezione del Presidente. Fanfani, uno dei papabili nel 1971, fu il destinatario dei versi di scherno su una scheda. Scalfaro, che poi sarà eletto in quella stessa seduta, nel suo ruolo di Presidente della Camera richiamava all’ordine in modo pungente i parlamentari indisciplinati. All’allora premier Scelba fu servito un po’ di amaro per mandare giù l’elezione di Gronchi, evento che anticiperà la caduta del suo governo. Ma i punti di contatto, tra il calcio e la scelta del Capo dello Stato, non si fermano qui. George Weah è l’esempio più limpido: lui ce l’ha fatta per davvero in Liberia. In Italia, invece, da oltre vent’anni i protagonisti del pallone si limitano ad apparire sulle schede ad ogni votazione. Preferenze spesso provocatorie, sempre isolate, pareri dispersi che entrano nella storia del nostro Paese conferendogli sfumature uniche.