TORINO – Quest’estate non c’erano dubbi: il Genoa appariva per tutti, tifosi e addetti ai lavori, come la prima favorita per la promozione in A. Dopo 13 giornate però, si trova a -7 dalla capolista Frosinone e a -2 dalla Reggina .Situazione non ancora compromessa, tuttavia, anzi, ancora risolvibile, nonostante lo scoramento degli ultimi tempi. Perché tante cose non vanno, la squadra non sta esprimendo tutto il suo enorme potenziale, appena intravisto prima della crisi delle ultime tre uscite. La sconfitta in casa della Reggina di due turni fa, ha fatto finire la luna di miele fra la piazza e il tecnico tedesco Alexander Blessin. Quando si retrocede, il primo che si cambia è sempre l’allenatore. Non al Genoa, sceso in B non per i demeriti di Blessin che, arrivato a gennaio a Genova, aveva dato un’identità alla squadra e una media punti che, fosse arrivato prima, avrebbe permesso ai rossoblù di restare in A. Dunque a giugno, quando si decise per la conferma, quasi nessuno esprimeva perplessità su herr Blessin che all’epoca godeva di un certo consenso. La proprietà dei 777 Partners gli ha fornito una rosa col chiaro intento di dominare la B e magari entusiasmare anche, con diversi elementi che erano giunti già a gennaio in A che nella seconda serie avrebbero dovuto fare la differenza. Questo dominio non s’è (quasi) mai visto. Certo, soprattutto in trasferta, il Genoa era un rullo compressore. Ma, a parte lo 0-2 in casa Spal, vinceva sempre di misura e senza mai particolarmente entusiasmare. Insomma, i problemi c’erano anche prima del ko di Reggio Calabria, solo che l’ottima classifica li teneva nascosti come la cenere sotto il tappeto. Per dire, la brillantezza vista con Blessin in certe partite di A della passata stagione, anche contro le più grandi squadre d’Italia, in B spesso non è pervenuta. A livello tattico poi, Blessin non ha ancora trovato il miglior utilizzo possibile del bomber Coda, capocannoniere delle ultime due edizioni della B, con 42 gol totali: è vero, è a quota 6 reti, ma solo 2 su azione, gli altri sono rigori trasformati. Nelle ultime 3 uscite, in cui il Genoa ha raccolto 2 punti (e continua a deludere a Marassi dove ne ha fatti appena 8 e ha vinto una sola volta), la squadra ha anche perso quella quadratura d’inizio stagione che in qualche modo faceva la differenza: ora i reparti sono allungati, c’è meno corsa, poche idee e confuse, scarsa la verticalità, il gioco sulle fasce latita e i cambi spesso fanno discutere. Dopo l’1-1 interno col Como di domenica scorsa, Blessin si è arrampicato sugli specchi per spiegare il momento no. Intanto ha precisato che per lui il Genoa non è la squadra più forte della B (“io non l’ho mai detto”, ha dichiarato), uscita che è parsa come una mancata assunzione delle proprie responsabilità: chiunque segua un minimo la B, da mesi sostiene il contrario. Poi, ha lasciato assai perplessi il suo rimpianto per l’assenza di Ekuban, vittima di un brutto infortunio. Ma si parla di un attaccante che, in un anno a Genova, ha segnato un gol in A e uno in B. “Meritiamo di più”, era il coro salito dal Ferraris dopo la deludente partita col Como (che fuori casa prima aveva raccolto un solo punto), un coro che appare come la sintesi migliore del momento. Certo, qualche responsabilità andrebbe ascritta anche alla società. Lo slogan coniato per la B, “only one year”, solo un anno di seconda serie, sta rivelandosi un pesante fardello. Prima di partorirlo, non guastava andare a rivedere gli storici problemi che hanno le retrocesse dalla A. Un anno fa, il Parma era considerato esattamente come il Genoa di questa stagione e nella passata annata a loro è andata malissimo. Per ritrovare una retrocessa capace di risalire l’anno dopo in A, bisogna tornare al 2018, quando riuscì all’Empoli, che svoltò quando fece subentrare Andreazzoli, la cui ombra ora si proietta su Blessin. Insomma la corazzata Genoa, nonostante l’entusiasmo unico offerto da una tifoseria speciale, finora non è riuscita a calarsi al meglio in quella realtà durissima che è la B. Perché non si torna in A per diritto divino ma spremendosi al massimo in ogni partita. E, infine, si sta rivelando un errore aver ceduto in estate Caso al Frosinone, come Tuttosport, in solitudine, scrisse al momento della cessione. Nel Genoa attuale, nessuno inventa qualcosa, salta l’uomo, dà uno strappo. I ciociari invece, hanno costruito il loro primato il classifica anche grazie al genio di Caso che dopo essere esploso la scorsa stagione a Cosenza meritava più considerazione da parte del Genoa, visto che aveva anche fatto uno stage in azzurro con Mancini. Bastava tenerselo, schierarlo a supporto di Coda assieme a Gudmundsson (la miglior versione dell’islandese, non quella delle ultime uscite), uno a sinistra e l’altro a destra, e con ogni probabilità era tutta un’altra storia. Chissà, con lui in rossoblù, forse Frosinone e Genoa si sarebbero scambiate l’attuale posizione in classifica.
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Genoa, cosa c'è che non va
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