Lo spagnolo ha il 10 tatuato sul polso e gioca come vive, cioè d’istinto. Storia di un talento che stava per smettere
Il tacco di Luis Alberto nasce sulle Dolomiti e si porta dietro un po’ di vento. Di quello che scende dalle montagne in piena estate e punge la pelle. Luglio 2017, Auronzo Di Cadore, nove di mattina. Allo Zandegiacomo, lo stadietto del paesino, ci sono un pugno di cronisti e qualche tifoso dagli occhi stanchi appena alzato, ma lo spagnolo si piazza in mezzo e attira l’attenzione, dando la sveglia ai mattinieri.