Un attaccante totale, sgrezzato da Mondonico, sbocciato a Genova e consacrato a Torino. In Nazionale accanto all’amico di sempre Mancini. Con quell’eleganza che è sempre stata la sua cifra esistenziale
Lucavialli, scritto, pensato e vissuto così: tutto d’un fiato, come una corsa che si fa da ragazzini, fino all’ultima folata di vento, fino all’ultimo minuto dei suoi cinquantotto anni, maledizione, troppo presto se n’è andato. Luca Vialli, il nostro amico fragile che sei anni fa – era il 2017 – raccontò che la malattia gli si era seduta accanto, a fare ombra ai suoi giorni, a oscurarne qualsiasi ipotesi di futuro. Tumore al pancreas. L’aveva detto, così, senza infingimenti, condividendo l’ansia e le paure, con un sorriso triste che nella piega amara della bocca custodiva una sentenza. Qualche giorno fa si era sfilato dal suo ruolo di capo delegazione della Nazionale azzurra, con quell’eleganza che è sempre stata la sua cifra esistenziale, senza far rumore, sfumando in una dissolvenza che aveva il contorno di un congedo.