MILANO – All’Inter sta diventanto una (s)piacevole abitudine. Dopo ogni sconfitta, il settimanale confronto tra Inzaghi e i dirigenti, diventa nella migliore delle ipotesi un summit, nella peggiore un processo. La dialettica non manca a latitudini nerazzure e la ripresa degli allenamenti ad Appiano è stata occasione per organizzare un pranzo tra i dirigenti (Marotta, Ausilio e Baccin) e l’allenatore propedeutico al confronto tra quest’ultimo e la squadra nelle segrete stanze dello spogliatoio.
Serve una villa Bellini bis
Inzaghi, come da copione, ha ribadito alla squadra che non vorrà più vedere l’approccio sbagliato mostrato contro le piccole da inizio 2023 e che servirà cattiveria e ferocia per difendere il secondo posto in classifica. Una svolta che dovrà già esserci contro Lecce e Spezia, gare che faranno da antipasto al match di Champions con il Porto. Al di là dei fatti contingenti, resta però un problema più profondo che andrà affrontato a fine stagione tra le parti. Per scomodare il paragone con Conte, servirebbe una “Villa Bellini bis” (dove fu stretto il patto tra l’ex ct e Steven Zhang che portò allo scudetto), perché le parole pronunciate da Beppe Marotta lunedì a Sky hanno scavato un solco tra il pensiero dell’amministratore delegato e quanto ripete sempre l’allenatore circa i trofei vinti. Il campionato deve essere stella polare per Inzaghi e lì serve trovare continuità, visto che obiettivo del club è conquistare nella stagione che verrà la seconda stella, solo sfiorata nel maggio 2022. A tutelare Inzaghi un contratto fino al 2024 da 5.5 milioni a stagione (esonerarlo comporterebbe uno sborso insostenibile per Suning), però – al netto di questi discorsi legati ai bilanci – a fine stagione andranno sciolti i punti di tensione emersi nel corso dell’annata. Altrimenti il rischio è di ripetere gli stessi errori.