Se la violazione del codice sportivo venisse accertata, il giocatore rischierebbe una lunga squalifica
Sembra non esserci tregua per la Juve con le vicende extra campo. L’ultima riguarda Nicolò Fagioli, uno dei giovani cresciuti nel settore giovanile bianconero: il centrocampista classe 2001 è indagato perché avrebbe scommesso su piattaforme illegali, secondo quanto verificato dagli inquirenti che hanno incrociato gli accessi del suo e di numerosi altri profili.
L’ARTICOLO 24
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Il gioco d’azzardo non è un reato, se non in piattaforme illegali: uno sportivo, qualunque sia il ruolo che ricopre (che sia un atleta, un allenatore o un dirigente) non può scommettere però sulla disciplina che pratica. L’articolo 24 del Codice di giustizia sportiva esplicita infatti il divieto “ai soggetti dell’ordinamento federale, ai dirigenti, ai soci e ai tesserati delle società appartenenti al settore professionistico di effettuare o accettare scommesse, direttamente o indirettamente, anche presso soggetti autorizzati a riceverle, che abbiano ad oggetto risultati relativi ad incontri ufficiali organizzati nell’ambito della Figc, della FIfa e della Uefa”.
SOTTO LA LENTE
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La squadra mobile della Polizia sarebbe risalita al giocatore della Juve nell’ambito di un’indagine aperta nei mesi scorsi dalla Procura di Torino – fascicolo in mano al pubblico ministero Manuela Pedrotta – su un giro di scommesse (sportive e non) su piattaforme online. Adesso si prova a fare chiarezza sugli eventuali movimenti del centrocampista, con accertamenti esplorativi: da comprendere se Fagioli ha davvero scommesso e soprattutto su cosa. Del procedimento è a conoscenza anche la Procura della Figc: la segnalazione è stata inviata dai legali dello stesso calciatore lo scorso 30 agosto. A seguire con attenzione l’evolversi delle indagini è il procuratore Giuseppe Chiné. Un’eventuale violazione del codice sportivo – facendo riferimento proprio all’articolo 24 – porterebbe Nicolò Fagioli ad andare incontro a una sanzione che può arrivare fino alla squalifica di tre anni o più, alla quale aggiungere un’ammenda a partire da 25 mila euro.