Quattro giorni dopo la lezione del Monza, la Juve ha rialzato la testa dimostrando di avere capito che cosa debba fare per non tenerla bassa, in questo periodo così delicato della sua stagione. Serve come il pane la qualificazione alla semifinale di Coppa Italia, dove i bianconeri affronteranno l’Inter dello specialista in trofei tricolori a nome Simone Inzaghi. Se è vero che l’uscita a vuoto di Maximiano ha favorito il gol di Bremer, è altrettanto vero che la Juve ha cercato la vittoria con maggiore insistenza rispetto a una Lazio più che mai bisognosa del miglior Immobile. È evidente quanto il capitano abbia bisogno di tempo per recuperare la condizione dopo l’infortunio: tant’è vero che il solo tiro in porta dei biancocelesti ribadisce quanto il quattro volte capocannoniere sia indispensabile a Sarri. Questi, da quando ha lasciato la Juve, non è più riuscito a batterla, sebbene proprio Sarri sia stato l’uomo che ha firmato l’ultimo dei nove scudetti consecutivi bianconeri.
Ha detto bene Perin: la Juve ha dato la risposta che era chiamata dare, dopo la pessima prova contro il Monza, dominatore allo Stadium in lungo e in largo. Stavolta, il corto muso di Allegri ha funzionato, compattando una squadra che ha bisogno di ritrovare la continuità di rendimento, fondamentale per riscoprire se stessa. In aprile, la semifinale con l’Inter sarà anche la rivincita della finale dell’ultima edizione del trofeo, vinta dai nerazzurri, eppure, in questo momento la Juve deve avere la forza di concentrarsi su ogni partita che l’attende, a cominciare dalla Salernitana. Vlahovic è tornato a giocare in maglia bianconera dopo 104 giorni di assenza e per lui vale lo stesso discorso di Immobile. Per la prima volta insieme dal primo minuto, Dusan ha fatto coppia con Chiesa che, quanto a stato di forma, sta meglio del compagno, ma è soltanto questione di tempo. La Lazio ha pagato a caro prezzo l’assenza di Milinkovic Savic, al quale Sarri ha risparmiato la Juve perché stanchissimo, dopo avere già giocato oltre tremila minuti fra club e Serbia. Le fatiche di Sergej pesano.