Le motivazioni in questione rappresentano di fatto l’appendice del terzo round in atto tra la Juventus e la Procura Federale a tema plusvalenze. I primi due – Tribunale federale e Corte federale d’Appello – li aveva vinti il club bianconero (con annessi tesserati) assieme agli altri 10 club tirati in ballo (con annessi tesserati). Ma il procuratore Giuseppe Chiné ha poi avanzato una richiesta di revocazione utilizzando gli atti emersi (documenti sequestrati, intercettazioni) nell’inchiesta Prisma che contemporaneamente sta portando avanti la Procura della Repubblica di Torino. Ebbene: dai e ridai, Chiné è riuscito a spuntarla e nel suo intento punitivo è stato persino superato (quasi doppiato) dalla Corte federale stessa. Questa volta Torsello non solo ha accolto la richiesta di revocazione della (sua) precedente sentenza, concordando sul fatto che vi fossero gli estremi tecnici per riaprire il caso; ha anche deciso di sposare la questione nel merito inasprendo le sanzioni rispetto a quelle chieste dal procuratore stesso. Dai 9 punti di penalizzazione s’è passati a 15. E anche la durata delle inibizioni è stata aumentata, per alcuni dirigenti: per l’ex direttore generale Fabio Paratici 30 mesi (anziché 20), per l’ex presidente Andrea Agnelli 24 mesi (anziché 16) e per il direttore sportivo ancora in organigramma Juve Federico Cherubini 16 mesi (anziché 10). Quanto agli altri club coinvolti nell’udienza di revocazione, beh, nulla di che. Per tutti è stata dichiarata ammissibile la richiesta di revocazione, ma nel merito s’è scelta la strada del proscioglimento. Nell’inchiesta avviata dalia Procura Federale s’era partiti con 11 club deferiti – la Juventus, il Napoli, la Sampdoria, la Pro Vercelli, il Genoa, il Parma, il Pisa, l’Empoli, il Chievo Verona, il Novara, il Delfino Pescara 1936 – e s’è giunti alla sanzione per il club bianconero soltanto.
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Juventus, le motivazioni e il contrattacco: si aprono tre scenari
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