Non ci sono più i Totti, i Baggio e i Mancini. Poca fantasia e organizzazione esasperata sin da bambini. È ora di fare una riflessione
Échiaro che tutte le attenzioni si siano concentrate sulla sfida con l’Ucraina. Non c’è dubbio che la partita con la Macedonia del Nord abbia finito per alimentare dibattiti e discussioni. Non c’è dubbio che la doppia eliminazione dal Mondiale abbia rappresentato una ferita che ancora fa male, perché una scuola come quella italiana non aveva mai provato delusioni così cocenti. Ci avessero raccontato anni fa che per due volte ci saremmo dovuti sistemare in poltrona per assistere alle sfide delle nostre concorrenti storiche, sicuramente non ci avremmo creduto. Avremmo pensato a uno scherzo. E invece è andata esattamente così. Ciò che però colpisce, continuando a guardare il dito e non la luna, è che in molti siano concentrati sul risultato – anzi sui risultati – non all’altezza. Ma fatichi di contro a farsi strada la vera domanda che dovrebbe invece interessarci: ma perché in Italia non nascono più talenti? Certo, abbiamo buoni giocatori, in qualche caso – e potremmo fare i nomi – anche ottimi giocatori.