La difficoltà di vivere lontano dalla famiglia emersa durante il lockdown e la questione caratteriale resa pubblica in nazionale da Deschamps pongono dei dubbi sul giocatore del Bayern
Le qualità tecniche o l’esperienza di Benjamin Pavard non si discutono e valgono un importante investimento economico, ma nel passato del 27enne francese ci sono un paio di episodi che potrebbero causare l’accensione di una spia di allarme sul cruscotto di chi lo vuole ingaggiare. La questione riguarda la propensione del difensore a “rispondere” agli stress test che la vita – e il calcio di alto livello – di tanto in tanto ti presentano.
LA LONTANANZA
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La splendida prima metà di carriera di Pavard è invidiabile: il talento sbocciato in patria, l’exploit allo Stoccarda, l’incredibile impatto al Mondiale 2018 vinto in Russia dalla sua Francia e le stagioni ricche di trofei al Bayern Monaco. I fatti però si riferiscono agli ultimi tre anni, quindi dopo la storica rete all’Argentina nella Coppa del Mondo del 2018. Per esempio, lui stesso a Le Parisien aveva spiegato quanto la pandemia di coronavirus e il conseguente lockdown lo avessero segnato, cambiato, messo in difficoltà. “Ho sofferto di depressione in quel periodo, c’era qualcosa di sbagliato nella mia testa”. E poi ancora: “È stato un periodo difficile. A livello personale non è stato facile stare da soli in un paese che non è il mio. Lontano dalla mia famiglia, dai miei amici. Qualcosa non andava nella mia vita, ma mi ha fatto crescere. Sono andato avanti. sono migliorato. Pochi sanno cosa ho passato. Solo perché ti guadagni da vivere non significa che sei felice. All’inizio ti dici che non è niente, che passerà, ma quando vedi che persiste, devi reagire. Sono umano come tutti gli altri, e anche se ho una casa molto bella con una sala pesi, avevo bisogno del contatto con gli altri. Mi alzavo e non avevo fame. Cercavo di tenermi occupato, di cucinare, di guardare le serie tv, ma Netflix va bene per due minuti soltanto… Non mi piace la parola depressione, ma si trattava di questo. Mi sono nascosto davanti agli altri, oggi mi sento molto meglio. Ne sono uscito, ma mi ha cambiato”. Ovviamente le parole di Pavard testimoniano una sensibilità sopra la media e anche il coraggio di parlare pubblicamente di momenti così difficili, ma il riferimento a “un paese” non suo e alla lontananza da famiglia e amici restano grattacapi per un club pronto a investire 30 milioni di euro per – appunto – offrirgli una nuova esperienza all’estero.
IN QATAR
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Mentre il mondo faticosamente si è messo alle spalle la parola Covid, Benjamin ha ovviamente dovuto fare il conto con la sua carriera e le sue difficoltà, accantonate e sconfitte una alla volta almeno fino al Mondiale dello scorso inverno. E nel giro di quattro anni, da quello precedente da uomo copertina, tutto è cambiato. In Qatar il francese ha giocato l’esordio contro l’Australia e poi… stop. Zero minuti, superato nelle gerarchie da Jules Koundé e Axel Disasi. Legittime scelte tecniche del selezionatore, certo, ma lo stesso Didier Deschamps in conferenza stampa alcuni mesi fa ha lasciato fugacemente intendere che la questione non fosse fisica e tecnica, ma caratteriale: “Prima, durante e dopo il difficile Mondiale ho parlato con lui… Tutto ciò appartiene al passato, ora pensiamo al futuro”. Il dubbio di chi vuole investire su di lui però resta: è il caso di investire una cifra così importante per un giocatore che poco tempo fa ha sofferto la lontananza da casa e dalla famiglia? Da un calciatore che è reduce da un Mondiale in cui è restato una versione limitata di quello che fu in Russia? La questione è aperta.