MILANO – «Sì, il Milan è guarito. È stata una settimana perfetta con le vittorie contro Torino, Tottenham e Monza, tutte avversarie difficili. Da qui possiamo ripartire. Non abbiamo nemmeno subito gol e siamo sulla strada giusta. C’era bisogno di ritrovare compattezza: adesso la differenza non è tattica ma nella voglia che abbiamo ritrovato di vincere, magari anche sulle seconde palle. Torneremo a giocare a quattro quando ritroveremo le caratteristiche giuste». Per capire cosa sta accadendo a latitudini rossonere, conviene tornare sulle parole pronunciate da Stefano Pioli dopo la vittoria di Monza, la terza per 1-0 ottenuta in una settimana. La metamorfosi, frutto della necessità di ritrovare compattezza, ha trovato senso compiuto. Il seme era stato messo nel derby, anche se a nessuno è piaciuto quel primo tempo giocato solo con l’intenzione di non prendere gol (cosa che invece si è puntualmente verificata, grazie all’acuto di Lautaro Martinez). Poi l’opera è stata completata con l’inserimento di Thiaw nella batteria dei centrali e – ultima novità vista a Monza – con l’idea di schierare Messias come esterno a tutta fascia: soluzione interessante per infondere ancora più qualità in fase d’attacco, come mostra il gol e altre cose buone fatte dall’italo-brasiliano prima che il motore iniziasse a scricchiolare.
La prossima svolta – e qui sta la novità nelle parole di Pioli – sarà tornare all’antico, ovvero alla difesa a quattro. Nell’anno dello scudetto, l’allenatore aveva condito il 4-2-3-1 iniziale con principi cari a Pep Guardiola, come i terzini che si accentrano diventando mezzali, uno dei due centrocampisti che si posiziona come trequartista in asse con l’altro che scala a protezione della difesa e, ultima soluzione vista nella volata scudetto, ha fatto ricorso a un “dieci” muscolare. Principi che non sono stati abbandonati, ma messi in un cassetto: domenica con l’Atalanta si proseguirà sulla strada tracciata perché non avrebbe senso cambiare e, soprattutto, perché la squadra di Gian Piero Gasperini ha linee di gioco simili a quelle degli ultimi avversari affrontati.
Il fatto che il Milan da aprile non prendesse gol in tre partite consecutive, unito alla metamorfosi avvenuta rispetto a quanto visto fino a qualche mese fa, sembra aver condensato in una sola stagione la svolta epocale che ha contraddistinto il Milan di Arrigo Sacchi con quello di Fabio Capello che ha asciugato i concetti del predecessore trasformando quella squadra capace di rubare l’occhio nelle Coppe in una solidissima armata macina-scudetti. Pioli, almeno fino ai cinque schiaffi presi dal Sassuolo, era convinto di riuscire a uscire dalla crisi grazie ai principi di gioco costruiti nell’ultimo anno e mezzo ma poi – una volta capito che questo avrebbe portato a nuovi guai – non ha avuto timore di chiudersi, pensando prima a non prenderle. Che poi ci sia stato anche il cambio di sistema non è visto dallo stesso allenatore come così importante, considerato che è cambiato soprattutto l’atteggiamento in campo, dall’abnegazione con cui si lotta sulle seconde palle all’attenzione che viene messa sulle marcature preventive fino all’attitudine nel non prestare più il fianco alle ripartenze a campo aperto degli avversari. Il rientro di Bennacer e quello, altrettanto fondamentale, di Maignan, potrebbero aiutare il Milan a tornare allo status quo anche perché nelle ultime settimane è rifiorito pure Theo Hernandez, le cui accelerazioni sono state determinanti nell’ultimo campionato. Perché con Pioli, il laboratorio di Milanello non conosce mai pause.