«Questo Toro ha tutte le carte in regola per puntare dritto all’Europa. Mi aspetto che possa lottare per il settimo posto fino alla fine». Parola di Roberto Stellone, uno dei primi colpi di mercato da presidente di Urbano Cairo nell’estate 2005, quattro stagioni in granata caratterizzate da 116 presenze e 18 reti. A partire dalla promozione in Serie A conquistata dopo la doppia finale playoff contro il Mantova. Nel 2009 la retrocessione in B coincide con la fine dell’avventura torinista dell’attaccante classe 1977. Un addio che comporta la conseguente partenza direzione Frosinone, dove chiude la carriera da calciatore per iniziare quella da tecnico. E lo fa col botto, portando i laziali dalla C alla A. Il lunch match di domenica per l’allenatore romano sarà una sfida speciale.
Il Torino arriverà allo Stirpe reduce dalla miglior prestazione stagionale.
«Contro l’Atalanta ha fatto benissimo. È stato davvero un grande Torino, che ha centrato una vittoria decisamente pesante e che lo rilancia a ridosso delle posizioni europee. Quello dev’essere l’obiettivo della squadra. Anche perché questa 3-0 testimonia come le potenzialità per provare ad arrivare in Conference League ci siano tutte».
Mattatore è stato Zapata, che si è lasciato alle spalle il momento negativo.
«So quanto sia importante per un attaccante fare gol. Essersi sbloccato può dare la svolta alla sua stagione. Se Duvan sta bene fisicamente, è devastante e sposta gli equilibri. In Serie A solo Lukaku è come il colombiano per strapotere fisico e potenza».
In coppia con Sanabria sembra che Zapata possa incidere maggiormente: è d’accordo?
«Possono coesistere e lo stanno facendo molto bene. Nel passaggio dal 3-4-2-1 al 3-4-1-2 il Toro ha trovato maggior profondità e presenza in area».
Il suo ricordo più bello del quadriennio in granata?
«Sicuramente la promozione in Serie A. Partimmo a settembre con la squadra costruita in 10 giorni e senza praticamente fare la preparazione. Centrare il salto di categoria fu una grandissima soddisfazione. Peccato solo per una fastidiosa pubalgia che mi limitò in quella annata, dove riuscii solo in parte ad esprimermi come avrei voluto».
C’è un gol tra quelli realizzati in granata che conserva nel cuore?
«Scelgo quello dell’1-1 al 90’ contro il Parma alla prima in A coi granata. Era stata un’estate turbolenta con l’arrivo di Zaccheroni a due giorni dall’inizio del campionato e quella rete a tempo praticamente scaduto ci evitò la sconfitta all’esordio».
Domenica a Frosinone per il Toro non sarà facile. I laziali sono la sorpresa della stagione?
«Assolutamente sì. Sono la rivelazione per gli ottimi risultati fatti finora, coniugando un gioco brillante alla valorizzazione dei giovani, visto che giocano con 7-8 Under 22 ogni settimana. Angelozzi è stato bravissimo sul mercato: non ha sbagliato una mossa, ma voglio spendere due parole anche su Di Francesco, che era stato un po’ dimenticato negli ultimi anni e invece è un tecnico di grande valore e molto preparato. Sono davvero contento che lo stia dimostrando a Frosinone, una piazza che resterà sempre nel mio cuore. Hanno creduto in me, lanciandomi come allenatore. In tre anni siamo arrivati dallo scudetto con la Berretti a fare il doppio salto dalla C alla A. Ricordi indelebili».
Chi deve temere il Toro domenica?
«Dico Soulé: palla al piede fa la differenza. Mi ha impressionato finora. Lo vedo già pronto per stare in una big come la Juventus e da protagonista».