No, niente spacconeria. Un po’ di vanità sì, ma nella storia recente del Toro non ci sono certo tanti miti ingombranti ad aver indossato quella maglia. Dalla 10, infatti, sono passati giocatori di ogni lignaggio. Dall’ottimo Sasa Lukic alla meteora Amer Gojak, dal dirompente Iago Falque all’estroso Adem Ljajic, dal goleador Ciro Immobile alla delusione Barreto.
Nell’era Cairo, poi, spiccano anche altri nomi decisamente minori: Sgrigna, Antonelli Agomeri, Iunco e Ferrarese si sono cuciti sulla schiena le cifre più importanti. Quelle che, messe vicine, fanno accendere la fantasia. Adesso tocca a Nemanja Radonjic. Uno che ha le doti per poterla indossare senza il rischio di vestirla male, quella maglia che per i tifosi granata rimarrà indelebile nel ricordo di giocatori fatati come Gigi Meroni, Claudio Sala e Martin Vazquez, per esempio. Gente che col pallone fra i piedi era sempre in luna di miele. Guai, ovviamente, a paragonare Radonjic a dei mostri sacri della storia: quelli non si toccano mai. Ma la mossa del serbo è una vera e propria dichiarazione d’intenti, che è chiamato a non disattendere. La 10, infatti, è un atto di fede. Un impegno, una promessa, un modo per dire alla gente granata che in questa stagione ci sarà da divertirsi.
Radonjic, il 10 da Toro: la maglia per svoltare!
Torino, Radonjic e il feeling con Juric
Non è un caso che ieri, sui social, il fermento sia stato notevole: Maradonjic è un giocatore che divide, per i suoi continui alti e bassi, ma le capacità che ha non sono discutibili. Quando mette il turbo non lo prende nessuno, quando decide di sverniciare le difese avversarie sono dolori per chiunque. A lui l’eredità di Lukic, un “diez” quasi per caso: elemento importante per tanti allenatori del Toro recente, ma scappato via agli sgoccioli del mercato invernale per sposare la Premier League, per accettare la corte del Fulham. Squadra nella quale oggi, il serbo, è semplicemente uno dei tanti. Radonjic, invece, si è posto un obiettivo: essere il trascinatore del Toro che verrà. Ha preso questo numero per dimostrare a Juric che di lui si può fidare. Già, sembra davvero incredibile che dopo l’ultimo derby i due siano tornati ad essere due perfetti sposini. Quei 16’ in pantofole rischiavano di costare cari a Rado, che per poco non faceva esondare la pazienza del mister. Il confronto da Far West a bordocampo è acqua passata. Per merito di entrambi: di Juric che ha saputo mettere da parte l’orgoglio ferito di un allenatore che dopo il Mondiale ha allenato per due mesi il cugino scarso di Nemanja, ma anche di Radonjic, che dopo la figuraccia dello Stadium si è rimesso a lavorare a testa bassa. Riconquistando credibilità a suon di grandi prove, sia da subentrato che dall’inizio. Il Toro lo ha riscattato ad una cifra di saldo: due milioni al Marsiglia e tanti saluti al passato di un giocatore che in granata si è espresso ad ottimi livelli per tante partite. Tante, sì, ma non abbastanza per fugare tutti i dubbi su di lui. Ora, però, indossa la 10. Per sua precisa volontà. Un gesto per dimostrare un salto di qualità in termini di maturità. Una maniera, allo stesso modo, per alzare la pressione e l’attenzione intorno a lui, unico vero trequartista presenta in rosa. Tutti aspettano Miranchuk e Vlasic, ma intanto c’è Radonjic, da lunedì madido di sudore al Filadelfia per dimostrare di valere il ruolo di leader tecnico che si è attribuito.
Toro, Radonjic corre e suda in vacanza: è il tempo di svoltare