La divisione dei cartellini tra due società fu introdotta nel 1959 grazie a Dell’Angelo, centrocampista di talento che però a Firenze non avrebbe trovato spazio. E allora…
Fine anni Cinquanta, l’Italia vive il miracolo economico, dopo la guerra sono tornate le speranze, il futuro non è più un vicolo stretto e buio, si ragiona in grande, ci sono finalmente i soldi (quelli del Piano Marshall). Le case si riempiono di elettrodomestici, si firmano le cambiali, ci s’indebita, ma poi verrà qualcuno a pagare… Anche il mondo del calcio è coinvolto in questo gigantesco circo consumistico: i presidenti spendono e spandono, comprano questo e vendono quello, promettono successi ai tifosi, e pazienza se non mantengono, l’importante è che la ruota giri e il pubblico corra negli stadi e nelle ricevitorie a giocare la schedina del Totocalcio. Sembra un Paese impazzito quello in cui nasce il primo vero calciomercato, con sede ufficiale all’Hotel Gallia di Milano, dirigenti di società in giacca e cravatta, belle donne in attesa nella hall, bicchieri di whisky e un desiderio irresistibile di essere ciò che non si è. E poi, lassù all’ultimo piano, in una suite da mille e una notte, c’era il Principe Raimondo Lanza di Trabia, proprietario del Palermo, abituato a ricevere i colleghi e a discutere di contratti completamente nudo, sdraiato nella vasca da bagno, mentre sorseggiava champagne. A lui, a Gipo Viani e al presidente della Spal Paolo Mazza si deve l’invenzione del calciomercato moderno.