Chi è Rayyan Baniya, per lei che lo guida ogni settimana alle spalle?
«Prima di tutto un bravissimo ragazzo. Un musulmano molto praticante, che è però ormai abituato anche a far coesistere il Ramadan con il ruolo di giocatore professionista e, visto che siamo alla fine di questo periodo, vi posso garantire che non ne ha assolutamente risentito, anzi sembra che stia persino meglio. È abituato da anni a osservare per oltre un mese il digiuno durante il giorno e sa coniugarlo con la sua vita d’atleta. Certo, se lo facessi io che non sono abituato non riuscirei ad andare ad allenarmi, ma lui è sempre in grande forma».
Quali sono le sue migliori skills?
«Nell’uno contro uno tiene benissimo la corsa nello spazio. Fisicamente è fortissimo, dotato di un’esplosività che ho visto raramente nei mei ormai venti anni di calcio professionistico. Deve migliorare nella gestione del pallone, ma lo sa lui per primo e ha comunque la fortuna di avere un allenatore come Andrea Pirlo che lo sta aiutando a diventare un difensore centrale capace di uscire palla al piede, pronto ad impostare senza dover buttare via il pallone. Io come portiere cerco di aiutarlo, guidandolo, gestendo la sua personalità. Quando si trova in isolamento in fase di marcatura comunque sa cosa fare e come farlo. In Italia era stato solo in serie C con Renate, dove pure Diana già gli faceva giocare il pallone, e Mantova. L’anno scorso in Turchia ha dovuto pensare a curarsi dal brutto infortunio alla tibia che l’aveva portato sotto i ferri, quest’anno che sta bene è protagonista di un’annata importante».
Questo strapotere fisico porta Baniya a diventare pericoloso anche nell’area avversaria?
«Eccome. Quest’anno ha segnato due gol colpendo di testa su azione d’angolo».
Tra Juric e Pirlo
Con Juric come si troverebbe?
«Benissimo. All’allenatore del Torino, come a Gasperini, piacciono anche quei difensori che sanno strappare da un’area all’altra e Baniya è bravissimo a farlo. Ryyan è da difesa a tre e anche se si trova in isolamento sa reggere l’aggressione dell’attaccante in un raggio di trenta metri».
Siete stupiti al Karagumruk della sua esplosione?
«Io non più di tanto. Ero solo preoccupato dal fatto che l’anno scorso non riusciva a recuperare dall’infortunio, ma con queste cose bisogna portare pazienza. Le sue qualità fi siche però erano visibili anche ad occhio nudo».
Com’è essere allenati da Pirlo?
«Conoscevo bene Andrea, già prima che diventasse mio allenatore. Si è messo in gioco, ha accettato di ripartire da un campionato poco conosciuto».
Parla ancora dell’esperienza alla Juventus? Ha digerito la mancata conferma?
«Quello che gli è successo è senza logica. Ha portato la Juve ad alzare due trofei e a chiudere comunque al quarto posto per avere ancora la partecipazione in Champions. Sapeva però a cosa andava incontro, avendo iniziato subito così in alto da allenatore. La sua forza è sapersi far scivolare tutto addosso, ha un carattere invidiabile. Ovvio che il suo sogno sia tornare in Italia, è il sogno di ogni italiano che gioca o allena all’estero, ma Andrea ha una mentalità molto aperta e sarebbe pronto ad andare ovunque per proporre il suo calcio».
Viviano e il calcio italiano
Da fuori lei come vede il calcio italiano?
«Bene, stiamo tornando grandi. Vedo poche squadre chespeculano sul risultato. Si gioca a calcio, c’è una bella proposizione e non a calcio siamo tornati protagonisti anche in Europa. Io da tifoso della Fiorentina sono molto orgoglioso di quello che sta facendo la squadra e di come Italiano la fa giocare».
Il Torino può pensare di andare oltre l’attuale posizione, se non quest’anno già l’anno prossimo?
«Ho letto un’intervista di Juric dove ha detto che il decimo posto non può bastare: ha ragione. Alla squadra qualcosina manca, certo ci vuole tempo per veder maturare gli investimenti che Cairo e Vagnati hanno fatto su alcuni giocatori. La Fiorentina ad esempio ha già un parco calciatori più forti, più pronti rispetto al Toro. Ma è giusto che venga data fiducia a chi c’è perchè giocayori di qualità non mancano».
La Nazionale invece fa ancora fatica…
«È un momento di rifondazione, per questo dico che uno come Baniya potrebbe fare al caso di Mancini, un allenatore che non preclude a nessuno il sogno dell’azzurro».
Se fosse il presidente o il direttore sportivo di una squadra di calcio su chi punterebbe tra i giocatori che ha visto da quando lei è in Turchia?
«Ibrahim Dresivic è il centrale svedese che gioca al fianco di Baniya. È meno fisico, ma più tecnico di Ryyan. Un Bonucci. Poi vi dico Emre Mor, che era con noi fino all’anno scorso e adesso è al Fenerbahce. Si tratta di un talento pazzesco, sono sicuro che in Italia sarebbe un vero e proprio crack. Certo avrebbe bisogno di un buon allenatore, che ne assecondi la qualità. In questo momento però tra Spalletti, Sarri, Italiano, Palladino, Sottil, Pioli, abbiamo tanti allenatori ideali per far crescere giocatori bravi».
Viviano ha deciso quanto giocherà ancora?
«Voglia, passione e fi sico mi dicono che potrei andare avanti ancora un anno. Ma vi dico che potrebbe essere anche l’ultimo. Ho avuto una bella carriera, qualche infortunio mi ha fermato sul più bello (quando era all’Inter e nel giro della Nazionale, ndr), ma sono contento. Il mio futuro? Sicuramente non farò l’allenatore dei portieri, non è un ruolo che mi attrae. Sento invece di poter fare il capo allenatore: studio calcio, vedo giocatori, mi piace seguire potenzialità e miglioramenti. La personalità non mi è mai mancata e mi piacerebbe poterla portare anche in panchina per mettermi alla prova come allenatore».