C’è una data precisa che segna la prestazione della tua svolta: 1° maggio 2023, Benevento-Parma. Cosa è cambiato da allora? «Non avevo mai giocato in quella posizione (trequartista, ndr) come a Benevento, era la prima volta. Abbiamo fatto risultato e ho trovato un po’ di fiducia e confidenza. Se ripenso al primo anno in Serie B, non ne avevo molta. Era molto difficile, perché il primo anno in Serie A avevamo perso tutte le partite, poi abbiamo cambiato tutta la squadra. Ero un po’ in down con la fiducia. Poi è arrivato Pecchia…».
Pecchia, appunto, è lui l’allenatore della tua svolta e di quella del Parma? «Anche con lui le prime settimane, i primi mesi, sono stati difficili, ma dopo la partita di Benevento ho cambiato anch’io la testa. Ho sentito la sua fiducia. E adesso mi sento molto bene. In fase offensiva ho qualità nell’ultimo passaggio e posso aiutare la squadra anche in fase difensiva. Mi piace questo ruolo. Io e la squadra siamo pronti per puntare alla Serie A».
Dal 2020 ti abbiamo visto sperimentare 7 ruoli differenti: quale preferisci? «Alla fine, se io posso essere d’aiuto alla squadra, gioco ovunque. Mi piace stare a centrocampo, ma fare tanti ruoli comunque credo sia un vantaggio perché ti aiuta di più a vedere il gioco».
L’integrazione nel calcio italiano non è stata semplice tant’è alla fine del primo anno con il Parma è arrivata la retrocessione… «Sono arrivato con 19 anni sulle spalle. Sono arrivato durante il Covid, c’era il lockdown ed era tutto fermo e tutto chiuso. Io a casa, da solo, per la prima volta nella mia vita, a 19 anni. Due mesi prima ero con mia mamma a Zurigo, nella mia casa. Sono arrivato qui che non parlavo la lingua, non conoscevo nessuno. Non è facile così. Tanti tifosi da fuori non ci pensano a queste cose. Adesso penso che sono più un uomo; la mia famiglia ha sempre avuto un grande ruolo».
Sei diventato un titolare inamovibile oltre che il giocatore più presente del Parma dal 2020 ad oggi con 84 match disputati (16 in A, 66 in B). Soddisfatto? «Sì. Il mister mi dà fiducia, anche quando sbaglio. Devo continuare così e penso che con la mia qualità posso aiutare la squadra; adesso mi sento un giocatore importante qui. E la squadra è forte».
Nel tuo modo di intendere il calcio, ti senti un numero dieci? «Sì, mi sento adesso come un 10. Anche un mediano davanti alla difesa, quando giochiamo con tre uomini a centrocampo oppure anche a due e sto un po’ più alto. Nella Svizzera ho fatto questo. Adesso anche sulla trequarti… Penso che sia buono se posso giocare in più di un ruolo, anche per la squadra lo è, così io posso aiutare dove più c’è bisogno».
Alla ripresa del campionato c’è il Como, per dimostrare che il ko di Venezia è stato solo un incidente di percorso. E’ un esame di maturità? «È così. Non possiamo vincere 38 partite, il calcio è così. Anche il Venezia è una squadra forte. Ma siamo ancora i primi e adesso dobbiamo continuare. Anche io ho fiducia e contiamo di vincere».
Nella vita di tutti i giorni qual è il tuo rapporto con la città? «Vivo in centro, mi piace stare a casa. Playstation, guardo un po’ Netflix, Facetime con il mio amico a Zurigo. Alla sera i compagni arrivano a casa mia, andiamo al ristorante, parliamo un po’… Sono uno tranquillo».
E che dire della cucina parmigiana? «Ah! Mi piace: la pasta, la carne, il prosciutto, il formaggio… Tortelli d’erbetta, questi mi piacciono. Buonissimi. Dopo la partita, abbiamo un giorno libero nella dieta, e lì… tortelli!».