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Roma. Kumbulla torna a sorridere: “Così sono rinato. Il futuro? Boh”

ROMA – A volte è questione di contesti. O semplicemente di pazienza. Le etichette, nel calcio come nella vita, determinano consenso oppure rigetto ma possono anche essere staccate dalla pelle, se chi ne è oggetto ha la forza di scrollarsele di dosso correndo dritto per la propria strada. Marash Kumbulla ha lasciato la Roma ad agosto dopo un periodo difficile, anche perché non era riuscito a smaltire in fretta un grave infortunio al ginocchio. Oggi, a due mesi di distanza, è uno dei migliori del suo ruolo nella Liga spagnola, non un campionato qualsiasi, con l’Espanyol, la seconda squadra di Barcellona, che gli ha dato fiducia nonostante un anno e mezzo di anonima anticamera. A luglio tornerà sotto il controllo della Roma, con contratto fino al 2028, e potrebbe rivelarsi un rinforzo prezioso, soprattutto se dovesse rimanere Juric, che lo ha allenato al Verona e lo avrebbe voluto al Torino. Ah, Kumbulla ha appena 24 anni. Accidenti se gli resta tempo per dimostrare il suo valore.

Marash, siamo tutti ammirati.
«Ah sì?».

Sì, alcuni media spagnoli sostengono che Kumbulla sia il miglior difensore del campionato.
«Ma siamo all’inizio… Sicuramente mi sento bene e sto giocando bene. Sto trovando continuità, che è la cosa più importante per un atleta. Spero di continuare così».

Ha segnato anche un gol, prima della sosta contro il Maiorca.
«Modestamente qualche gol l’ho sempre fatto, quando ho giocato con una certa regolarità».

Perché in Italia ha faticato così tanto, non solo alla Roma ma anche al Sassuolo?
«Penso che la spiegazione sia semplice: io sono un giocatore che ha bisogno di essere al top fisicamente. Dopo la rottura del crociato tanti miei colleghi hanno impiegato qualche mese prima di tornare a buoni livelli. Purtroppo nei sei mesi con il Sassuolo, anzi da febbraio, venivo dall’infortunio e non sono riuscito ad esprimermi al massimo. Mi è dispiaciuto».

Come nasce l’idea Espanyol?
«Mi hanno cercato, sia l’allenatore sia i dirigenti, e mi hanno fatto sentire importante. Nessuno ti può garantire il posto fisso ma ho percepito che la società aveva fiducia in me. Ed era vero. Mi ha aiutato anche essere arrivato pronto, perché avevo fatto una buona preparazione con la Roma».

La vita a Barcellona come funziona?
«Alla grande. Io mi sono ambientato subito. Abito in un appartamento in centro, vado a fare la spesa, i tifosi sono appassionati ma non invadenti. La città, che è bellissima, è molto adatta al mio carattere. Io non amo tanto apparire. A Roma è quasi impossibile non essere notati. Non dico sia un male, attenzione, ma un calciatore nel privato apprezza la tranquillità».

E in futuro cosa sarà di Kumbulla?
«Boh».

Come boh?
«E’ la verità. Il fatto è che non ci penso. Sto qui e voglio contribuire alla salvezza dell’Espanyol. Ho anche la nazionale albanese a cui pensare. Alla fine della stagione vedremo cosa è meglio fare».

Uno dei luoghi comuni che in Spagna sta smentendo è: “Kumbulla è buono solo per la difesa a tre”.
«Non so perché sia circolata questa verità fantasiosa. Ho sempre giocato con entrambi i moduli. E vi assicuro che per un difensore non cambia tanto, a parte due o tre accorgimenti. La verità vera è che un difensore può avere delle difficoltà a prescindere dal modulo. Conta anche l’avversario».

Quando avete perso 4-1 contro il che sensazione ha avuto?
«E’ la squadra più forte che io abbia mai affrontato. Sono imprendibili, fanno un altro sport. Per contenerli puoi solo usare un po’ il fisico, stuzzicare, provocare e sperare (ride, nda)».

Perché i tifosi della Roma hanno un ricordo negativo di lei?
«Forse semplicemente non mi ricordano come calciatore. Dà un po’ fastidio ricevere critiche dure. Come dicevo prima, in Italia per un anno e mezzo non ho più espresso il mio potenziale. Ma ho sufficiente autostima per andare avanti. Se ti fossilizzi su un errore non puoi fare questo mestiere. Sapevo che prima o poi sarei tornato».

Quando la Roma spese tanti soldi per comprarla dal Verona era già così bravo?
«No. Ora sto anche meglio, perché ho acquisito più esperienza e maturità».

Quali sono i momenti più belli e più brutti del suo percorso a Roma?
«Il più bello è il gol alla Real Sociedad, in Europa League. Il più brutto l’espulsione contro il Sassuolo. Quel calcio a Berardi è stato un gesto istintivo del quale mi sono pentito immediatamente. Già in tempo reale. Purtroppo era troppo tardi per tornare indietro e quell’episodio ci è costato la partita».



Fonte: http://www.corrieredellosport.it/rss/calcio/calcio-estero


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