«Non credo mai le cose accadano casualmente. È successo tutto in fretta. Il film su mio padre realizzato all’improvviso e proprio a 50 anni dallo scudetto. E poi, a distanza di pochi giorni, la partita che più mi ha segnato. Per me non c’è Lazio-Juve o Lazio-Milan che tengano. Como, con l’ultima panchina del babbo, è la partita del cuore. Che questa trasferta sia arrivata dopo l’uscita del film, vissuto con trasporto e una partecipazione impressionante, in cui tanti tifosi hanno rivissuto la storia della propria famiglia, mi è sembrato un segnale. Partita strepitosa, convincente, di buon augurio. Sbancare Como spero abbia il significato di una benedizione».
Quali sono i tratti convincenti di questa Lazio?
«Ha una compattezza speciale e non si avvertono le assenze. A Como mancavano Zaccagni e Rovella, pesano quanto mezza squadra. Non ce ne siamo accorti. Non dipende dai singoli, ma dal collettivo. È stata creata una squadra in cui tutti sono importanti e nessuno indispensabile. Conta il manico. Come nella Lazio di mio padre. Nel periodo in cui mancò Re Cecconi, entrò Inselvini giocando partite strabilianti. Qui sembra la stessa cosa. Tutti danno il massimo. Pellegrini è entrato bene e in Europa League aveva giocato un partitone. Nessuno morde il freno».
Tanti allenatori della Lazio in passato sono stati accostati a Tommaso Maestrelli, come mai le è venuta l’idea di far indossare la giacca di suo padre a Baroni?
«È stata una cosa spontanea. Neppure sapevo sarebbe venuto a vedere il film al Teatro Olimpico. Quel giorno ho aperto l’armadio e me la sono trovata davanti. Avevo letto un post su Facebook di Gigi Martini, in cui parlava della giacca del babbo, e allora mi sono detto. ”La metto nello zaino e la porto in teatro”. È accaduto tutto casualmente. Un vortice di emozioni. Me la sono infilata e sono salito sul palco. Ho visto Baroni seduto in prima fila, l’ho visto bene in faccia e mi è venuta l’idea. Gli posso solo augurare di indossare questa giacca una volta come allenatore vincente. Sarebbe un passaggio del testimone, simbolico e non materiale. Mi piacerebbe se la portasse in un Lazio-Juve. Se lui mi dicesse “vorrei portarla”, sarei ben contento di dargliela. Sì, mi piacerebbe vederlo con la giacca del babbo».
Baroni a Como è sembrato quasi imbarazzato dall’accostamento. Lavora alla Lazio da troppo poco tempo e deve ancora fare risultati. Ha spiegato che le telefonerà.
«Mi fa piacere sia nata questa curiosità. Una cosa glielo voglio dire. Non ho mai offerto la giacca del babbo a nessuno. Se dovesse chiedermela, gliela porterei a Formello. A volte le cose succedono così, casualmente. Avverti una magìa, sensazioni. Se non lo avessi visto da vicino, non mi sarebbe venuto in mente. Glielo spiegherò. Certo, come dice lui, sarebbe bello indossarla dopo aver vinto qualcosa. Intanto è bella la complicità e piacevole instaurare un rapporto».
Dove arriverà la Lazio?
«In estate ero fiducioso, perché bisognava ripartire da zero. Situazione giusta. E dico meglio Barioni di mio padre. Tommaso arrivava a Roma dopo essere retrocesso con il Foggia. Baroni si è salvato alla grande con il Verona e prima ancora con il Lecce. Dove possa arrivare la Lazio non so, affronteremo momenti delicati. L’augurio è arrivare in Champions. Questa squadra gioca un bel calcio. Sognare si può».