Il calcio, proprio come la vita, si nutre del confronto. Domani sera ne è in programma un altro, diretto, di quelli belli tosti: Juve-Man City oppone però due che amano misurarsi soltanto con sé stessi. Non a caso Guardiola è il collega più stimato da Thiago.
I paragoni sono da sempre inevitabili, fisiologici, il sale di ogni discussione e scelta. Alcuni esempi, i più freschi: Fonseca se la deve vedere con Pioli, anche se qualcuno s’è volutamente dimenticato di Stefano, Palladino con Italiano, Italiano con lo stesso Motta, Baroni con Sarri. Giusto Ranieri non è confrontabile con Juric: ha vinto titoli, uno di portata storica, e quindi è fuori concorso. Gasp fa da sé.
Del resto Motta è arrivato alla Juve proprio perché il suo gioco al Bologna è stato messo a confronto con quello (demonizzato) dell’ultimo Allegri, il bello contro il brutto, altrimenti non ci sarebbe stata offerta da Torino. Da tifoso mi sono goduto in pieno l’anno mottiano – devo ammettere che non mi dispiace nemmeno questo con Italiano, considerata anche la partecipazione alla Champions – pertanto non posso che apprezzare Thiago come allenatore e sono sicuro che farà una splendida carriera.
Mi offende solo che qualcuno l’abbia convinto che i miei giudizi sono condizionati dall’amicizia con il suo predecessore: sono i soliti ridicoli paraninfi, interpreti del più sgradevole leccaculismo aziendale.
Ho – lo ammetto – il torto, o il merito, di aver affermato che dovrebbe essere Allegri a non accettare ancora il confronto con Motta, potendo esibire 6 scudetti, alcune coppe e due finali di Champions. Thiago ha 15 anni di meno e tutto il tempo per farsi.
Sono fin troppo trasparente e onesto quando mi dichiaro di parte. Eppure so riconoscere i meriti di chi sa lavorare.
E comunque essere di parte non vuole dire essere servile. L’ha spiegato fin troppo bene Francesco Merlo nei giorni scorsi. Queste le sue parole: «Si può fare un giornalismo onesto, raccontando ciò che si vede, ma con i propri occhi. Come stella cometa si ha l’oggettività (che peraltro non esiste) del fatto, ma non si può mica fare finta di non avere un pensiero al riguardo. La nuda cronaca viene rivestita della soggettività di chi la racconta. Il famoso giornalismo equidistante, o equivicino come si disse del brunone nazionale, è il peggiore, perché maschera, occulta, nasconde. Bisogna dichiarare la propria opinione in modo schietto… Non esiste un fatto che non sia orientato. Se una persona si mangia le unghie è un fatto e lo si può raccontare in tanti modi: ci puoi vedere un gesto che segnala una passione oppure una volgarità. Ciò che non si può fare è tradire il patto di fiducia che si instaura coi lettori. Ricordo l’epigrafe che Leonardo Sciascia scelse per A futura memoria (Se la memoria ha un futuro)? È una frase di George Bernanos: “Preferisco perdere dei lettori, piuttosto che ingannarli”. Ecco, i lettori non si ingannano».