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Zappi: “Cambio l’Aia come Sandokan”

L’Associazione Italiana Arbitri sceglierà domani il suo nuovo presidente. Per la seconda volta (la prima nel 2016 contro il Nicchi-ter), uno dei due candidati alla carica è Antonio Zappi, 59 anni, di Viterbo ma veneto d’adozione, formazione fiscale e consulenza tributaria il pane quotidiano, sostenuto da Orsato (e non solo). 

Domani le elezioni, alle cinco de la tarde (diciamo prima) si scopre presidente: l’AIA è da rifondare, da aggiustare o basta dare un’imbiancata? 

«Ci sono alcune cose per le quali servirà una manutenzione, altre da imbiancare e altre ancora da rifondare. Sicuramente il rapporto fra la parte politica e la parte tecnica va rifondato. Le questioni di vertice riguardano anche la base, il punto qualificante sarà la creazione della nuova direzione tecnica. La politica non potrà prescindere dal tecnico, ma come accade nelle società di calcio, il presidente non deve scendere nello spogliatoio. Avremo una direzione tecnica per scegliere e selezionare i migliori».  
 
Il rischio: porto lui perché è amico mio, porto l’altro perché ha fatto il corso con me, l’amico dell’amico. 
«Negli ultimi anni c’è stata troppa confusione, troppi rapporti fiduciari e personali, mettendo in subordine le eccellenze tecniche che abbiamo. E parlo fino a ieri… Quando mi presentai contro Nicchi, che era al suo terzo mandato, questo tipo di degenerazione era già iniziato. E, badate, il primo Nicchi potrebbe essere un esempio di quello che sto dicendo». 
 
Il passato assomiglia ad una minestra riscaldata, qui ci vogliono piatti nuovi. 
«Il passato non è da buttare, bisogna recuperare le cose buone che sono state fatte. Il mezzo sarà la direzione tecnica. Che non sarà solo un uomo, ci saranno dei componenti e ci sarà un responsabile d’area del calcio a 5».  
 
La domanda è una conseguenza: chi sarà il nuovo DT? I maligni dicono: non lo dice perché o non lo sa o non si fida. 
«Ho sempre diverse soluzioni, ci sono ipotesi in campo. Tutto ci manca tranne chi ha caratteristiche per poter assumere questo ruolo: un ex internazionale, che abbia qualità. Ne abbiamo, da Collina in giù» 
 
Scusi, sta dicendo che Collina torna in Italia? 
«Non lo posso dire io». 
 
Allora sarà Orsato. 
«Per lui mi piacerebbe un percorso alla Farina….». 
 
Torniamo al rapporto malsano fra politica e tecnica che c’è ora. Le CON sono solo un organo di controllo, giusto? 
«Possono rimanere in piedi ma devono rifondarsi: devono essere formatori degli osservatori stessi, collaborativi con le CAN, ma non organi di controllo politico». 
 
La critica: ci sono osservatori che hanno fatto a mala pena la D che giudicano internazionali da 200 gare in A, possibile? 
«Potrebbe esserci anche un presidente dell’AIA che, per la prima volta, non ha mai arbitrato in A. Rispondo sempre: anche Salgari scrisse Sandokan senza essere mai stato in Malesia». 
 
La citazione è autoreferenziale, lei non ha mai arbitrato in A. 
«Vero, e mi sono posto il problema anche l’altra volta, quando mi sono candidato. Ma a questa carica non ci si candida, si viene candidati. La risposta me l’hanno data gli altri. Per fare l’allenatore non basta solo aver giocato al vertice. Ci sono cariche specifiche che necessitano questa conditio: un designatore deve aver arbitrato in serie A. Una figura politica, invece, deve avere altre capacità».  
 
La gente non è contenta degli arbitri, a tutti i livelli. In A mancano le élite come le abbiamo sempre avute. 
«Una nuova generazione si sta formando, ci vuole tempo per un ricambio generazionale, quella che abbiamo perso negli anni. Dobbiamo crescere velocemente, anche a livello Uefa. Ci sono ragazzi interessanti. Abbiamo la possibilità di tornare al vertice velocemente».  
 
Manzoni diceva: il coraggio, chi non ce l’ha….

«Ci si arriva se gli arbitri si sentono tutelati. Saremo i più forti del mondo solo se lo dimostreremo. Non negheremo l’evidenza, ma dobbiamo crescere per diventare i migliori del mondo».  

 
Gli arbitri di serie A sono troppi, vanno ridotti? 
«Una riduzione potrebbe sicuramente migliorare continuità e valorizzazione, ma dietro i numeri ci sono delle persone, che hanno investito gran parte della loro vita per raggiungere certi livelli. Non si può ridurre sopra la vita della gente, bisognerà agganciare le dismissioni a nuovi strumenti come il trattamento di fine attività arbitrale». 
 
Torniamo sempre al solito punto: servono soldi. 
«Gli stanziamenti finanziari previsti per il costo del lavoro arbitrale dovranno essere incrementati anche con questa specifica voce. AIA e FIGC hanno il dovere morale prima ancora che giuridico di preoccuparsi di garantire a fine carriera un periodo di tranquillità economica per consentire a questi ragazzi una ricollocazione nel mondo del lavoro». 
 
Scendiamo, l’AIA perde associati, non siete più attraenti.  
«Autonomia, marketing, comunicazione, brand e appetibilità. Per finanziare nuovi progetti e rimborsi spese. Che sono lenti solo per problemi burocratici, ma l’autonomia potrebbe velocizzare queste operazioni».  
 
La violenza soprattutto sugli arbitri nelle categorie dilettanti è una piaga che allontana. Avete fatto una protesta, sentita, resta però qualcosa di sospeso: nessun giocatore s’è fatto il baffo nero sotto l’occhio… 
«Partecipiamo a tutte le iniziative solidali, perché siamo tutti attori dello stesso spettacolo. Speriamo in futuro anche gli altri facciano lo stesso». 
 
Autonomia, ballano 60 milioni sui quali la Figc vigilerà. 
«Non significa fare come vogliamo, ma amministrarci come vogliamo. E ci sarà bisogno di reperire anche altre risorse, nuove, come gli sponsor». 
 
Non siete attraenti anche perché continuate ad essere chiusi. Non basta Open VAR… 
«Ci apriremo sempre di più, costruiremo un canale tematico nuovo, ma ci apriremo a chi non ci chiede solo conto dei nostri errori».  
 
Torniamo al reclutamento. Spesso, prima, si veniva al corso arbitri perché poi entravi gratis allo stadio. Tanti hanno cominciato così, non ne sono più usciti. Ora non si può più fare, pochi biglietti o ingressi dalle società. 
«Recuperare il rapporto con le Leghe su questo tema. Per noi l’ingresso allo stadio è reclutamento, motivazione, studio. Guardando Doveri, La Penna, Mariani etc, si impara. E poi abbiamo un’idea». 
 
Cioè? 
«Prendiamo Doveri, ma è solo un esempio. Gli aumentiamo il compenso, da 50 a 70, ma quel 20 in più ci serve anche per “pagare” gli ingressi allo stadio alle società. Perché entrare allo stadio non sia una concessione ma un diritto. Spero di essermi spiegato». 
 
Ha detto: basta con la gestione clientelare dell’AIA. Significa che se dall’altra parte della barricata politica ci fosse un’eccellenza… 
«Il rapporto fiduciario è importante, ma la competenza di più. Potrebbero esserci incarichi di nomina anche per chi non è con noi. Lo avevo detto otto anni fa, mi misi contro quando vidi che Nicchi allontanava le persone contrarie, a prescindere dalle proprie capacità». 
 
Che tempi si è dato? 
«Ci saranno dei provvedimenti entro 100 giorni (direzione tecnica, le prossime nomine, che entreranno in vigore con la prossima stagione), alcuni la prossima stagione sportiva, per altri ci vorrà tutto il mandato. Riformare organi tecnici (prossima stagione) per costruire arbitri del futuro (3/4 anni). Una riforma radicale non può dare effetti immediati». 
 

Parla già da presidente? 

«Arrivederci…». 



Fonte: http://www.corrieredellosport.it/rss/calcio/serie-a

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