TORINO – Ha fatto il miracolo, l’Ormone. Lo chiamavano così, a Pisa, Luca D’Angelo, che ieri sera con la vittoria in rimonta sul Venezia (2-1), è riuscito nell’impresa di mantenere in B lo Spezia, preso il 15 novembre scorso sul fondo della classifica. Si dirà, gli uomini per salvarsi, ce li aveva. E invece proprio qui sta il problema. Quasi un anno fa lo Spezia retrocedeva dalla A, dopo lo spareggio perso col Verona, al termine di una picchiata in classifica vissuta per tutto il girone di ritorno. Piazza in subbuglio, polemiche a non finire, la tifoseria spezzina ha un calore tutto suo. In estate la società dello statunitense Robert Platek allestiva una rosa importante (ma incompleta) e affidava la squadra a Massimiliano Alvini. Però c’erano troppi giocatori scontenti che aspettavano solo di essere ceduti e che davano spesso l’impressione di snobbare la B. Lo Spezia aveva una bella argenteria, non voleva svendere ma così in troppi restavano controvoglia. Ma dei vari casi di “stelle” che avevano qualche problema con la B, è rimasto emblematico quello del centrocampista polacco Syzmon Zurkowski: contributo quasi impalpabile per tutto il girone d’andata con lo Spezia, a gennaio va in A all’Empoli e all’esordio firma una tripletta. Dunque sì, gli uomini di valore sulla carta c’erano, ma con quali motivazioni? Quando sbarca D’Angelo e trova una squadra che con Massimiliano Alvini in panchina ha fatto 10 punti nelle prime 13 partite, la palla inizia già a scottare, non è semplice risollevarsi. D’Angelo porta il suo marchio di fabbrica: la carica agonistica che soprattutto in B non deve mai mancare. Ma la risalita non è semplice. Anche perché la società, al mercato estivo ha fatto un errore che si segnalava già allora: non si può puntare alla A con due ragazzi di punta come Moro e Francesco Pio Esposito, troppo poco per nutrire ambizioni. A ciò s’aggiunge l’annata fallimentare di Antonucci (spedito al Cosenza a gennaio) che era stato l’investimento più oneroso, oltre ai problemi fisici del talentoso Kouda (che resta comunque un prospetto molto interessante). Così, a D’Angelo non restava che mettersi in trincea, fare da parafulmine dopo ogni rovescio e tenere duro, fino alla vittoria di ieri, firmata dalla doppietta di Francesco Pio Esposito, altra grande soddisfazione, un po’ troppo severa la tifoseria locale con lui, trattandosi di un diciottenne, per quanto promettente. Ma il cappello bisogna levarselo soprattutto per D’Angelo per il coraggio che ha avuto ad accettare la sfida spezzina. Aveva ancora un anno di contratto col Pisa, col suo nome – è forse il tecnico che più sa calarsi nella B – poteva aspettare una piazza più agevole e magari ottenere un anno in più di contratto. E invece s’è dato alla causa spezzina firmando fino a giugno e con una semplice opzione di rinnovo in caso di salvezza: quanti l’avvrebbero fatto, fra i tecnici più in voga della B? Quando ieri sera, al triplice fischio, s’è gettato a terra esausto, in tanti nella piazza aquilotta si sono commossi, grazie Omone e tutta la piccola bombonera del Picco in delirio. E pensare che arrivava da Pisa, acerrima rivale dello Spezia, dove il 27 gennaio scorso era andato a vincere 3-2, al suo primo ritorno all’Arena da ex, dando allo strombazzato Aquilani una bruciante lezione tattica, da quella vittoria si è iniziato a costruire la salvezza dello Spezia. Poi, magari, fra un mese Aquilani, in virtù del suo “nobile” nome, troverà forse una panchina di A a dispetto dell’annata deludente col Pisa (chiusa ieri col ko di Ascoli). Mentre il “plebeo” D’Angelo, un tempo gagliardo difensore vecchia scuola, che il suo top da giocatore lo visse facendo vincere il Castel di Sangro a Marassi contro il Genoa con un gol di testa, ripartirà dalla scorsa notte per ridare futuro allo Spezia. Così va il calcio.
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Spezia: l’Omone ha fatto il miracolo
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