Ristorante vista mare, a Napoli pare primavera. Fabio Cannavaro, uno dei difensori centrali più forti della storia del calcio, ha voglia di raccontarsi. Ordina una Coca Cola zero, si concede con generosità a giornalisti e tifosi nella città che lo ha visto ragazzino e lo ha riaccolto da adulto.
Partiamo dalla “famosa” gelatina citata da Gattuso? “C’è chi se la mette e va al Mondiale e chi va in trincea”, le parole di Rino.
«Una battuta che ho compreso, nulla di più. E poi dai, se l’Italia andrà al Mondiale visto il girone potrebbe metterla anche lui».
Il “se” è enorme però.
«Sarebbe umiliante se non ci fossimo. Faccio il tifo per Gigi e Rino, spero di vederli in America. L’Italia deve fare il Mondiale: eravamo la Nazionale del “wow”, ora siamo quelli del “mamma mia” e non va bene. Il fatto che io sia stato scelto senza fare le qualificazioni ha fatto rumore, ma la mia è una nazionale di terza-quarta fascia che per la prima volta va al Mondiale».
Sì all’Uzbekistan per i soldi?
«Le cifre non sono quelle che qualcuno ha tirato fuori, posso dire che fortunatamente i soldi li ho guadagnati anche da calciatore. Anzi, se è per quello potevo stare anche a casa. Ho voluto mettermi in gioco e fare esperienza. Il Mondiale resta una delle cose più importanti per chi fa calcio, già essere nella saletta con tutti i ct è stato emozionante».
Chi lo vince?
«Ancelotti. Il Brasile».
Sognava di andarci con l’Italia: deluso per non essere stato chiamato?
«No».
Però…
«Nessun però, ho la mia storia e la conosco. Si è parlato di me, di De Rossi… poi hanno scelto Gattuso, un bravissimo allenatore e un ragazzo eccezionale. Non ha solo grinta e forza, ma è anche uno che studia. Magari non tutti mi vedono come allenatore, forse sono ancora considerato un uomo immagine… In ogni caso io continuo a lavorare, non mollo e giro il mondo. Mi piace fare l’allenatore e mi ero scocciato di aspettare».
Non si vede in futuro presidente federale?
Ride. «No no, ancora no».
Crede di essere scomodo?
Ci pensa. «Io so fare solo una cosa: lavorare. Poi in Italia fa fatica gente come Maldini, Totti e Del Piero, ma il fatto che siamo stati dei grandi giocatori non vuol dire che non possiamo fare altro».
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