Vestiva alla marinara anche lei, sorella minore di Gianni e Susanna e a loro legatissima, ma con una visibilità molto più discreta, che le ha concesso di dedicarsi al sociale, alla filantropia e alla cultura senza troppi riflettori, che lei non amava. È scomparsa ieri, all’età di cento anni, Maria Sole Agnelli: di quattro anni più giovane dell’Avvocato (“Era dispettoso, mi tirava i capelli ogni volta che mi passava vicino. Ma era molto buono e con un gran senso dell’umorismo. L’ho amato molto”); tre anni più giovane di Susanna Agnelli (“Un po’ prepotente, ma una vera amica”), era invece maggiore di nove anni rispetto a Umberto Agnelli che “alla fine era il mio fratello preferito, un po’ perché era il più piccolo, un po’ per il buon carattere”. Maria Sole viveva a Torrimpietra, piccolo comune sul litorale romano, in una tenuta che aveva trasformato in un’azienda agricola per l’allevamento di bovini e cavalli da equitazione, una delle sue grandi passioni, con la quale contribuì alla conquista della medaglia d’argento di equitazione individuale alle Olimpiadi di Monaco nel 1972 grazie a Woodland, cavalcato da Alessandro Argenton. L’altro luogo del cuore era Campello sul Clitunno, piccolo centro in Umbria, del quale era stata sindaco per un lungo periodo fra il 1960 e il 1970, contribuendo allo sviluppo delle infrastrutture del paese (la manutenzione delle strade, l’ammodernamento delle scuole) e alla valorizzazione dei beni culturali e naturali (le storiche Fonti del Clitunno). Per quattordici d’anni (2004-2018) è stata anche a capo della Fondazione Agnelli, sostenendo importanti progetti culturali e di formazione dedicati alle nuove generazioni.
“La Juve una questione di passione e tradizione”
Ultimamente si era spesa perché il ricordo di suo fratello Gianni fosse più vivo, auspicando l’intitolazione di una via a Torino e aveva accolto con grande orgoglio l’emissione di un francobollo in ricordo dell’Avvocato, che voleva celebrare con una regata velistica e una gara di sci, “i suoi due sport preferiti”. Maria Sole era tiepida a proposito del calcio, ma tifosa della Juventus perché, come aveva spiegato in un’intervista, “fa parte della mia famiglia in modo inscindibile, sia per una questione di passione che di tradizione”. Parole che riecheggiano quelle di John Elkann di questi giorni, a confermare un’identità di vedute che attraversa le diverse generazioni della famiglia, quando si parla di Juve. Aveva due anni quando suo papà Edoardo Agnelli ne divenne, primo della famiglia Agnelli, presidente e frequentava le scuole elementari quando lui costruì una delle Juventus più forti di sempre, vincendo cinque scudetti di seguito nel cosiddetto “Quinquennio magico ’30-35”. Maria Sole ne parlava raramente, ma sempre con grande affetto e divertimento: “Ricordo mia madre (Virginia Bourbon del Monte) che girava con un barboncino nero e un samoiedo bianco. Simboleggiavano la Juve. La Juve è sempre stata la più amata perché vinceva e vince e la più odiata perché… vinceva e vince”.
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