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Napoli-Bologna, l’arte di fare il calcio


Napoli-Bologna non è la finale giusta solo perché mette di fronte i vincitori di scudetto e coppa Italia. Lo è innazitutto poiché conferma, sottolineandolo, il successo dei due club che negli ultimi quattro anni hanno compiuto i maggiori progressi sul piano della solidità, della stabilità e dei risultati. Insomma, quelli che – se vogliamo insieme all’Inter – hanno fatto le cose come si deve e chi se ne fotte se poi gli arabi li fischiano o non si presentano allo stadio perché conoscono e tifano esclusivamente Milan e Inter, Modric e Lautaro.

Napoli e Bologna sono un esempio di come si deve fare calcio in Italia, qui siamo: proprietà fisica, riconoscibile e presente pur nel rispetto delle naturali differenze caratteriali (l’esuberante, spesso eccessivo Aurelio De Laurentiis e il riservatissimo Joey Saputo), amministratori esperti di numeri e politica sportiva sempre meno esposti dei loro “capi”, giusto uno o due passi di lato (Chiavelli e Fenucci), direttori sportivi di indubbie capacità portati (o costretti) a non uscire dai confini del ruolo (il giovane Giovanni Manna dopo Giuntoli e l’inimitabile Giovanni Sartori), ottimi scout e, naturalmente, allenatori d’alto livello (il vincente-subito Antonio Conte e il sempre più sorprendente Vincenzo Italiano, subentrato a Motta, a sua volta successore di Mihajlovic).

Competenza, attenzione al “prodotto” e continuità, ecco la formula semplice, quasi scontata, ma efficace. Perché una strategia, per funzionare, deve avere continuità, non può essere costantemente reimpostata.

Ha provato a forzare l’impianto De Laurentiis tra lo scudetto di Spalletti e quello di Conte forse ritenendo di essere più furbo e forte del calcio, ha toppato di brutto, ma ha avuto l’intelligenza di ripensarci consegnando il Napoli alla guida giusta. E al calcio. Regola confermata dunque.

Rispetto dei ruoli e fiducia: il presidente non può fare il mercato con i suoi amici intermediari scavalcando sistematicamente il ds, così come l’allenatore non deve occuparsi di numeri e bilanci, ma essere esigente sul piano tecnico. Chi lascia fare agli altri in sede di campagna acquisti e non esercita le opportune pressioni per ottenere materiale di livello è destinato il più delle volte a fallire. Per chiedere uno sforzo alla proprietà deve però essere credibile e convincente e la credibilità all’allenatore la garantiscono i risultati.

Indro Montanelli spiegò a modo suo il valore della competenza: «I bordelli» disse «le uniche istituzioni italiane in cui la tecnica venisse rispettata e la competenza riconosciuta».

In fondo il calcio italiano altro non è che un casino disorganizzato al quale si riesce a sopravvivere soltanto esaltando le conoscenze e capacità proprie e dei principali collaboratori.

Nel calcio non si inventa più nulla, è semplice sul campo e soprattutto in sede: se non se ne conosce il linguaggio, meglio fare altro. C’è sempre il burraco che è meno rischioso.


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