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Serena: “Yildiz deve innamorarsi di più del gol. Mi ricorda Laudrup”. E quel retroscena su Platini…


TORINO – Poche settimane fa è entrato alla Continassa in punta di piedi, con il passo lento dei ricordi che non chiedono il permesso. Aldo Serena era lì, insieme ai compagni dell’85, quelli con cui ha sollevato la Coppa Intercontinentale nel cielo di Tokyo. Non è stata solo una semplice visita di cortesia, ma un tentativo – promosso dallo stesso Spalletti – di far respirare ai bianconeri di oggi una fetta consistente di juventinità. Parola consumata dall’uso, ma rarissima nella sostanza. «Una reunion bella e commuovente – racconta Aldo Serena -. Abbiamo trascorso una giornata in armonia: ce la siamo proprio goduta. Anche perché non ci eravamo mai ritrovati tutti quanti per celebrare quella serata magica. Non so perché». 

Aldo Serena e “Le Roi”

Immagino sia sempre speciale rincontrare “Le Roi”… «Michel era quel tipo di calciatore che speravo di poter diventare da bambino. Un profilo tecnico, fantasioso, indipendente, semplicemente stupendo. Non aveva bisogno degli altri, le giocate le inventava da sé. Io ero diverso: le mie qualità venivano fuori quando riuscivo a spendermi per i compagni. Ricordo la prima volta che l’ho affrontato con il Milan nell’agosto del 82 in Coppa Italia. Lui era da poco arrivato alla Juve… Ad un certo punto, dagli sviluppi di corner, Michel si ritrova tra i piedi questa palla a ridosso della loro area, e io mi ci fiondo convinto di riuscirgliela a rubare. Gli è bastato vedermi con la coda dell’occhio per rifilarmi di esterno collo un tunnel che non mi toglierò mai dalla testa. L’ho inseguito per il resto del match nella speranza di potermi vendicare con un calcione, ma era semplicemente imprendibile. Poi con la sua ironia, quando ci siamo ritrovati vicini mi ha detto sorridendo: “Garçon, chiudi lei jambes”. Mi ha smontato». 
 
Cosa significava per voi avere in squadra un marziano del genere? «Giocare da punta con lui alle mie spalle era l’ideale per le mie caratteristiche. Anche a 60 metri di distanza, riusciva a innescarmi con lanci giusti, puliti, dosati bene… Sapendo questo, facevo dei movimenti atipici, se vogliamo, per un centravanti». 
 
Com’è andata alla Continassa? «Io e Michel abbiamo avuto modo di fare due chiacchiere con Spalletti. Non ero mai stato al nuovo centro sportivo, è un mondo diverso rispetto al nostro: dalle programmazioni degli allenamenti, alle diete… Niente è lasciato al caso, ogni singolo giocare ha a disposizione il meglio del meglio per migliorarsi. Siamo rimasti giusto per l’inizio della seduta, poi li abbiamo lasciati lavorare».

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