È entrato in punta di piedi. Fin troppo: chi lo conosce molto bene non è mai stato abituato a questa versione di Luciano Spalletti. Prudente, riflessivo, calmo. Saggio, in una parola: età ed esperienze in valigia contano. Appena ha varcato i cancelli della Continassa si è tolto le scarpe per camminare in punta di piedi. Sintesi che spiega bene l’approccio di Lucio al mondo Juve. L’ha spiegato, a modo suo, nel momento in cui ha motivato la scelta di abolire il ritiro pre-partita alla vigilia delle trasferte: «Il ritiro non è mai un luogo, ma una condizione mentale, un condizionamento. Non si va più in ritiro, perlomeno per quanto mi riguarda, perché è una fatica maggiore. A voi non sembrerà così, però io lo so bene. Le ho viste tutte le risposte e le strade da percorrere e questa è una fatica in più». Ruggine per i muscoli e la testa, come lo stesso Spalletti ha aggiunto. Ecco, non erano questi i suoi modi in passato, quando carte e play station l’hanno condizionato nella gestione di altri gruppi. Così ha alleggerito il carico emotivo, vero tallone d’Achille di questa Juve.
Il lavoro psicologico del tecnico
Ma il lavoro psicologico del tecnico parte da più lontano. Dalla responsabilizzazione di alcuni giocatori, per esempio, quelli che ha saputo trattare coi guanti nel momento in cui ha scelto di sostituire Tudor. Tre su tutti: Teun Koopmeiners, Manuel Locatelli e Jonathan David. Attraversano momenti di forma diversi, ma ora sono vivi. Hanno alle spalle vissuti tormentati, da quando indossano la maglia bianconera. Basti pensare all’olandese, ingabbiato psicologicamente da una valutazione economica eccessiva e da un ruolo che solo Spalletti ha saputo trovargli. Per non parlare del capitano: storie tese in Nazionale, ma alla Juve entrambi hanno trovato la chiave perfetta per comunicare. E poi David, ancora una nota stonata, ma dà segnali. La palla gli arriva, perché la palla la cerca ostinatamente. I gol e le prestazioni arriveranno, prima o dopo. Spalletti è sereno per questo, perché vede piccoli segnali ogni giorno da parte di tutti. Niente picchi, ma continuità e passi di bimbo. C’è tanta chiarezza in questa Juve. Impossibile non notare come la formazione iniziale sia diventata codificata, facile da decifrare.
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