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Tether entra nella Juve con 48 milioni: gli interrogativi sul futuro di Exor 

Iniziamo dalle modalità di acquisto delle azioni, rastrellate sul mercato senza coinvolgere Exor, che detiene il 65,4% del capitale e il 78,9% dei diritti di voto. Tether non sposterà la governance del club perché la Juve non è contendibile senza il consenso di Exor, ma ne diventa il secondo azionista perché la società di investimenti londinese Lindsell Train era scesa, nel frattempo, al 4,99%. 

Per raggiungere la quota del 5%, Tether ha comprato 19 milioni di azioni investendo (ai prezzi attuali) circa 48 milioni di euro. Avrà dunque rilevato sul mercato piccole quantità di flottante ogni giorno, perché il numero di azioni ora possedute è pari all’intero volume scambiato in borsa nelle ultime tre settimane. Un’operazione di questo genere non può richiedere meno di alcuni mesi: possibile che sia avvenuta senza spostare al rialzo il prezzo del titolo che, anzi, dall’inizio del 2025 ha perso il 17,6%? L’acquisto è diventato di dominio pubblico perché la soglia del 5% fa scattare l’obbligo di comunicazione alla Consob che il ceo di Tether, Paolo Ardoino, ha dichiarato (in un post su X) di avere assolto, ma Tether ha intenzione di salire oltre? 

Occorre poi chiedersi se l’ingresso del nuovo socio non possa indurre Exor (ammesso che non ne fosse informata) a disimpegnarsi dalla Juve. Da tempo il club ha intrapreso un tentativo di risanamento piuttosto lento, a dire il vero, per i gusti del suo azionista di controllo che non può coprire perdite all’infinito, come fa da anni sottoscrivendo aumenti di capitale. La Juve non è più il giocattolo di famiglia ma l’investimento di una holding, anch’essa quotata, che deve rendere conto anche ai suoi azionisti di minoranza e al mercato. Non sappiamo se Exor veda di buon occhio la salita di un socio come Tether ma la prospettiva di ridurre l’esposizione alla Juve potrebbe risultarle interessante, ancorché non ancora concretizzata.  

L’altra perplessità riguarda proprio Tether. È una stablecoin cioè una moneta digitale, il cui valore è ancorato a monete reali (che in economia si chiamano fiat) come il dollaro o l’euro, oppure ad asset fisici come l’oro. Ciò significa che l’acquirente di moneta Tether può ritenersi al riparo dalle oscillazioni di prezzo che caratterizzano invece le criptovalute classiche (come il Bitcoin). Per tenere fermo il suo valore, Tether deve quindi investire i proventi della vendita della sua valuta in riserve di valuta tradizionale: 144 miliardi (al 31 dicembre scorso) a fronte di 136 miliardi di valuta Tether in circolazione. Il surplus rappresenta il cuscinetto di equity su cui poggia la stablecoin. Quando si parla di capitalizzazione, quindi, occorre chiarire un equivoco perché la società Tether non è quotata e ha sede in El Salvador. Qui si tratta invece del controvalore di valuta emesso. 

Sulla qualità delle sue riserve, Tether ha ottenuto un parere dalla società di revisione BDO ma i dubbi non sono del tutto fugati. Diverse stablecoin, in passato, sono crollate rovinosamente proprio perché le loro riserve non erano abbastanza liquide. Il caso più clamoroso fu Terra Luna, nel 2022. Secondo JP Morgan, circa un terzo delle riserve di Tether non sarebbe conforme alle normative americane sulle stablecoin e ciò obbligherebbe la società a sostituirle con asset più sicuri. La stessa società è stata oggetto di investigazioni del procuratore distrettuale di New York, concluse con un patteggiamento, ed è oggi coinvolta in tre procedimenti civili di cui non si sa molto. 

Le ombre su Tether sono esposte in un libro del giornalista d’inchiesta Zeke Faux, reporter di Bloomberg che ha ripercorso anche la carriera del suo maggiore azionista, Giancarlo Devasini. I suoi inizi come chirurgo plastico, le sfortunate iniziative imprenditoriali, una denuncia patteggiata (secondo Faux) per la vendita di software Microsoft contraffatto, un misterioso incendio che mandò in fumo lo stabilimento, gli esordi nel blog di Beppe Grillo e quindi la decisione, agli albori del Bitcoin, di puntarvi tutti i suoi averi del tempo. Una scelta che probabilmente è alle origini della sua ingente fortuna economica. Devasini è comunque un personaggio assai riservato che lo stesso Faux ha inseguito invano, senza riuscire a intervistarlo. Ora il calcio lo catapulta alla ribalta



Fonte: http://www.corrieredellosport.it/rss/calcio/serie-a

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