“La Juve senza Calciopoli avrebbe continuato a dominare”. Parola di Iuliano. L’ex difensore bianconero ha parlato al Podcast Versus assieme all’amico ed ex compagno Nicola Amoruso. Insieme hanno toccato diversi punti tra l’attutlità e il passato, soprattutto su quelle che sono le mancanze della Juventus attuale. Un salto tra il calcio degli anni ’90, quello in cui i bianconeri dominavano la scena grazie ai grandi campioni, in campo e fuori, che ne facevano parte e contribuivano a renderla uno dei club più riconosciuti in Europa e nel mondo.
Umiltà, gruppo e campioni: la Juve per Iuliano
Il primo a parlare è Iuliano: “Com’è stato entrare in quella Juve? Entrare in quella Juve che era campione d’Europa, noi che venivamo da squadre piccole e io addirittura dalle serie B, sembrava una cosa difficilissima. Io sinceramente non sapevo a cosa andavo incontro perché venendo da una categoria inferiore, la Juve era campione del mondo, c’erano dei mostri sacri come i calciatori che abbiamo trovato e sembrava una scala impossibile. Invece dal primo giorno ci siamo accorti – perché infatti siamo arrivati insieme a Nicola, Vieri, Zidane – ci siamo accorti del perchè erano campioni del mondo: grande umiltà, un gruppo unito, in grado di far sì che ogni calciatore nuovo si mettesse subito e facesse parte della squadra in pochissimo tempo. Ci facevano pensare che senza di noi, piccoli giocatori, loro non avrebbero potuto vincere, quindi è stato un impatto bellissimo e soltanto i grandi giocatori sono così”.
Amoruso: “Eravamo juventini sin da bambini”
Poi Amoruso aggiunge: “Primo di tutto, vale anche per Mark, eravamo juventini da bambini e quindi arrivare lì quel giorno lì è stato un grandissimo sogno. Poi, ecco, la naturalezza con cui siamo entrati in certe dinamiche, in un gruppo vincente, di grandissima umiltà, e da sottolineare che c’era un grande allenatore, Marcello Lippi, che comunque credeva nei giovani e quindi ci ha inserito con i giusti tempi, dandoci fiducia e facendoci subito sentire parte del gruppo con delle responsabilità, perché comunque alla Juventus arrivi in una squadra, con tutti i campioni, una maglia pesante e quindi hai responsabilità, però tutto con gradualità e con grandissima spontaneità. Era un gruppo di grandi giocatori, di gente che erano i primi a dimostrarti sul campo, nell’allenamento, come approcciare, allenarti, l’importanza del migliorarsi e di essere parte di un gruppo in cui ognuno ha il suo ruolo”.
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