TORINO – Ancora tre mesi. Almeno tre mesi. Dusan Vlahovic non ha clessidre in casa, e tutto sommato può considerarlo un bene: se ne avesse, scoprirebbe che il tempo è destinato a scorrere lento, lentissimo, soprattutto con così tante partite da giocare e l’impossibilità di partecipare. Fuori ormai (e già) da due settimane, l’attaccante serbo sta impiegando il tempo come può, come deve: ha iniziato da giorni l’iter di recupero successivo all’operazione, per il resto cerca di stare al fianco della squadra nel modo più genuino possibile. Cioè: fisicamente è lì, a supportare tutti, pur non potendo ancora indossare gli scarpini e correre sul prato verde della Continassa. Poco importa, al nove. Che resta il più grande trascinatore di questo gruppo, che pure per questo non vuole perdere tutta la considerazione guadagnata in questi ultimi anni. A tratti di enorme sofferenza, vero. Però in alcune parti di ferocia pura, quella che gli è stata chiesta in particolare in questi mesi, quelli in cui occorreva un punto di riferimento fortissimo tra campo e fuori. Vlahovic ha eseguito. Anzi, si è trovato pure a suo agio nel vestire i panni del leader, e magari non avrà realizzato frotte di reti, però il suo peso specifico si è sentito e non poco. Ecco, da quella sensazione vorrebbe ripartire e farlo il prima possibile. Di sicuro, prima che si ritrovi incastrato nella sosta primaverile, sulla quale punta per ritrovare la condizione per un grande finale di stagione, e chissà con cosa in palio.
Juve, ecco quando potrebbe tornare Vlahovic
Ha messo una data nel mirino, il centravanti: è il 22 marzo 2026, è Juve-Sassuolo, è il giorno in cui vorrebbe certamente essere a disposizione del tecnico, però dirsi anche pienamente recuperato. Dusan sa benissimo quanto e come forzare in questo momento serva davvero a poco, perciò ha capito di non potersi fare delle promesse. Fissare gli obiettivi, fissarne almeno di concreti, è però un’altra roba, certamente più attuabile. E allora, lavora su quel calendario. E lavora per renderlo percorribile, un passo dopo l’altro, finché la stagione non dirà cosa sia stata la Juventus. E quale sia stato il suo apporto. Determinante, almeno per capire i prossimi passi. Perché se la squadra sta cercando una nuova dimensione senza il proprio numero nove, pure il numero nove sta provando a trovarne una senza la prova del campo a supporto.
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