TORINO – Gli occhiali tridimensionali, la zeppettina, la qualità nello stretto e poi le giocate. Da campione. E da risolutore, soprattutto. Che è un elemento differente, perché prevede tante e più cose, e il coraggio sopra ognuna di queste. Sì, Edon Zhegrova ha mostrato i muscoli a Pisa. L’ha fatto perché consapevole di averli finalmente rimessi: è stato il frutto di un lavoro di mesi, quelli in cui ha provato a combattere le incertezze dal punto di vista fisico – con un riflesso diretto pure sull’umore – con il lavoro quotidiano, affidandosi alla gestione dell’area Performance, che con Spalletti ha provato a ritagliare un ruolo specifico per il kosovaro in questa Juventus. Al momento, è l’emozione da ultima mezz’ora, la “fucilata nella notte”, o comunque un tocco dentro fondamentale, di quelli che solo lui – e magari Yildiz – hanno nel repertorio.
Le chance di Zhegrova
«Pensavo potesse far meno visto ciò che aveva avuto, invece ha fatto bene», ha sorriso il tecnico, in conferenza stampa. Lui più di tutti si è dannato per capire quanto, come, cosa potesse chiedere e pretendere dall’ex Lilla. Che fino a questo momento ha messo insieme 10 partite tra campionato, Champions League e Coppa Italia. Che però ne ha fatto solamente una da titolare, con il Pafos, e in più è stato sostituito alla fine di un brutto primo tempo. Voleva testarlo, allora, Spalletti. Voleva capire. E prendersi perciò un rischio: i dati dell’area Performance avevano indicato le difficoltà del caso, analizzato tutte le controindicazioni e sintetizzato preoccupazione. Ma l’occhio cercava la sua parte. Un confronto diretto con il campo. Dal quale sono passate poco più di due settimane, in cui Edon ha ripreso fiato e minuti. Crescendo ulteriormente. Comprendendo tanto le possibilità quanto i limiti. In particolare, nelle ultime settimane, Zhegrova ha saputo riprendere brillantezza, pur rimanendo incastrato in una settimana in cui di fatto si è allenato pochissimo a causa di un’influenza, che ha smesso di galoppare a Pisa. Da qui la sorpresa dell’allenatore, molto meno però di Burgess e dei suoi. Il percorso in cui è stato inserito era finalizzato esattamente per questo risultato. E se il primo step era rimetterlo in piedi e dargli chance di costanza, il secondo era trovarsi precisamente qui, ridandogli il ruolo di guastatore delle difese avversarie, specialmente se stanche e perciò vulnerabili.
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