Fino al 31 maggio scorso, nonostante un calcio bellissimo e una stima riconosciuta da quasi tutti i calciatori allenati, qualcuno gli affibbiava l’etichetta di ‘perdente’. Colpa dei ko maturati nelle finali, dalla prima con il Dortmund (al cospetto del Bayern), a quelle incassate in Europa League e ancora in Champions sulla panchina del Liverpool. L’1 giugno poi, grazie al 2-0 del Wanda Metropolitano contro il Tottenham, Jürgen Klopp si è preso la sua rivincita e regalato la sesta Coppa dalle grandi orecchie ai Reds. “Il giorno in cui sono arrivato in questo club ero già pieno di speranza, ricco di sogni e di ottimismo – ha detto in un’intervista a Espn -. Perché non dovevo esserlo? Avevo firmato per un club meraviglioso, mi piaceva la squadra e amavo la sua storia. Ero sicuro che avremmo avuto successo. Probabilmente nei miei sogni, in quel momento, abbiamo avuto più successo di quanto ne abbiamo poi avuto in realtà (ride ndr)”. Prima di arrivare al trionfo, però, l’allenatore tedesco ha dovuto rialzarsi e reagire a qualche cocente delusione: “Devi perdere molto per capire che non sei un perdente – ha spiegato -. Accetti che sia successo sì, ma puoi comunque essere un vincitore. Sono queste sconfitte che ci hanno reso più forti e sono felice di avere questi ragazzi, di tenerli insieme perché hanno attraversato tutte queste cose. Ora siamo tutti bravi, ma la gente ti metterà sempre in discussione se non vinci nulla. Non puoi dire «in realtà sono un vincitore, ma qualcosa non ha ancora funzionato». Vincere una coppa aiuta, è importante per superare i momenti bui. Nel corso di questi anni abbiamo preso molte decisioni e ne prenderemo molte altre in futuro: alla fine non tutte potranno funzionare. Devi accettare il fatto che hai bisogno anche di fortuna in queste situazioni, quindi significa che puoi fallire. Ma devi riprovarci. È così che puoi migliorare, si cresce con il tempo e l’esperienza“. Klopp si è soffermato anche sul ritorno in città dopo la conquista della Champions: “È stata un’emozione molto intensa – ha aggiunto -. C’era un rumore incredibile e tutti i piccoli momenti vissuti con ogni singola persona sono stati eccezionali. Sapevamo cosa potesse significare per loro, ma vederlo di persona è altra cosa. Mi piacerebbe che alcuni scienziati mi spiegassero come 700 mila persone possano mantenere un tono costante per quattro ore di fila”.
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