Se il Toro avesse sempre giocato come ha giocato ieri sera contro la Juve, oggi non avrebbe 18 punti in meno della Juve prima in classifica e 17 meno dei nerazzurri, secondi, pencolando pericolosamente verso la Zona B. A sole 72 ore dall’orripilante prova di Roma, dov’erano stati umiliati dal poker laziale, i granata si sono autorevolmente opposti a una Juve tetragona e pronta a rispondere subito al colpo bolognese dell’Inter, cedendo soltanto al combinato disposto Higuain-De Ligt, al suo primo gol in A nel suo primo derby. Alla grandezza del Pipita ha corrisposto la forza del predestinato olandese, capace di reagire a quel fallo di mano da rigore, non punito da Doveri, con tutta l’energia che ha in corpo.
Il Toro ha rialzato la testa proprio nel derby spartiacque della sua stagione. Ma non è bastato e non può bastare dopo la sesta sconfitta in 11 giornate, un’andatura da retrocessione. Per scuotersi, i granata evidentemente hanno bisogno di essere strigliati, amando troppo spesso dilapidare il loro potenziale. Troppi sono i motivi di rammarico per Mazzarri: egli guida un gruppo di camaleonti. Arruffoni, sconclusionati e sconfitti da Lecce, Samp, Parma, Udinese, Lazio prima di perdere, ma tosti e coraggiosi, contro la squadra che ha vinto 22 degli ultimi 29 derby, pareggiandone 6 e perdendone solo uno (nella gestione Cairo, 6 i punti raccolti sui 63 a disposizione). Per raddrizzare l’annata, il vero Toro non può più essere camaleonte.