È come se improvvisamente la rassegnazione avesse preso il sopravvento: il Milan non esiste più. E probabilmente i tempi d’oro del “club più titolato al mondo” non torneranno. Sono pensieri e sentimenti che aleggiano come spettri mentre mente e cuore combattono nel profondo di ogni autentico rossonero: tifoso, dirigente, uomo d’alta finanza o calciatore. Non importa la cravatta che si indossa e neppure se al collo si stringe una sciarpa quando sono quei tacchetti a non essere più logori. Perché non conta quanti chilometri si macinino su un campo da calcio ma l’ardore e la forza nel calpestare il terreno, indossando una maglia che attraverso i colori rosso e nero trasuda storia, passione ed amore. Per ripercorrerla, questa storia, bisogna fare qualche passo indietro con la consapevolezza che ai tanti perché possa non esserci alcuna risposta. Dopo l’era Berlusconi dei grani campioni, il Milan è finito improvvisamente tra la polvere cadendo bruscamente da un altare sul quale per oltre un decennio si era innalzato. L’uomo che aveva amato oltre ogni cosa il calcio e la sua squadra aveva deciso di uscire di scena lasciando una creatura in lenta agonia. Il “Sol Levante“, allora, non era più un miraggio ma una speranza concreta per chi credeva in una resurrezione e che davvero “si sarebbe passati alle così formali”. Eppure i conti sembravano non tornare mentre le voci di un imminente disastro finanziario si rincorrevano ripercuotendosi su tutto l’ambiente. Da miraggio, il Sol Levante aveva l’odore di un bluff. Come poteva essere mai accaduto che si chiudesse la vendita di un club storico come il Milan senza avere la certezza di garanzie economiche ancor prima dell’esistenza di progetti solidi? Ed, in effetti, nessuno è mai sceso a fondo per capirne di più. Perché? Perché nuovi personaggi si sono affacciati all’orizzonte coprendo falle e buchi lasciati da chi aveva bluffato. Per loro nessun curriculum a fare da garanzia ma un patrimonio economico inestimabile.
Pochi nomi e cognomi ma la volontà, e la capacità strategica, di riportare la storia al Milan e riconsegnarlo agli uomini che lo hanno reso grande. La breccia nei cuori degli innamorati rossoneri era ormai aperta, l’ardore e la gloria sembravano riflettersi in una società ed una squadra che avrebbero lottato in campo e fuori. Tra mugugni e malcontenti, sugli spalti e dietro le scrivanie, però, l’obiettivo Champions mancato di un soffio ed una Europa League centrata sul campo sono stati sogni effimeri infrantisi contro le pendenze economiche, chiamiamoli anche volgarmente debiti, e nell’estate scorsa tutto è sembrato di nuovo crollare. Nasce un progetto con protagonisti giovani di “presunto” valore, cambiano i dirigenti con plenipotenziari che non hanno “dalla loro” l’esperienza, i fondi vengono ridotti, la comunicazione diventa confusionaria. Il Milan cambia condottiero, la panchina sembra traballante ancor prima che inizi il campionato di Serie A, e non c’è più un progetto che naufraga, quindi, giornata dopo giornata abbandonandosi al silenzio di una curva che grida in silenzio facendo più rumore di un gremito San Siro. Il resto è storia recente per cui neppure il cambiamento in panchina è stato ancora in grado di aprire un nuovo capitolo. Il Milan non c’è più. Sarà una stagione lunga e dura per chi trepida per i colori rossoneri ed il finale, ad oggi, ancora non è scritto. Una volta sanata la situazione economica, quando il nuovo stadio delle due cugine milanesi sarà realtà, le nubi si dissiperanno lasciando spazio, magari, ad un nuovo compratore che sia consapevole di acquistare quello che un tempo era il “club più titolato al mondo” per trattarlo con il rispetto e l’amore che meritano il Milan ed i suoi tifosi? La speranza non morirà mai. Ciò che mancano sono le certezze, quelle necessarie per poter diventare esaustiva risposta ai tanti, troppi Perché ancora insoluti.