Il paradosso più grande, in una storia che ne vanta un numero discreto, è che Mario Mandzukic va a finire all’Al Duhail (Qatar), dove poteva andare a settembre, senza bivaccare quattro mesi ai margini della rosa juventina. Ovvero: un contro è se oggi si fosse accordato con lo United, aspettando con pazienza il club inglese, ma un altro è ritirarsi in Qatar, trascorrendo un periodo di inattività che, per quanto ben retribuita, resta umiliante e – altro paradosso – comunque retribuita di meno di quanto lo sarebbe stata l’attività nel nuovo club. D’altra parte, il mondo di Mandzukic è imperscrutabile anche a chi lo ha seguito per tanti anni, sapendo di avere a che fare con un carattere particolare. Quest’estate, per esempio, ha rifiutato proprio lo United che, ceduto Lukaku, lo aveva contattato: era passato da poco Ferragosto e c’era tempo per imbastire l’operazione, ma SuperMario disse di no: non «sentiva» quell’operazione, nonostante il suo destino alla Juventus era già stato ampiamente chiarito dalla scelte di Sarri e dai movimenti di mercato. Mandzukic rinfaccia al club di non averglielo comunicato direttamente: fatto che, vero o non vero, non cambia la situazione generale, cioè che a metà agosto Mandzukic era chiaramente fuori dal progetto di Sarri e aveva l’opportunità di andare allo United, cui ha detto no, salvo provare ad andarci dal 2 settembre in poi. Imperscrutabile, appunto. E con il suo caratterino, quello che per esempio non gli consente di accettare serenamente la panchina (ne sa qualcosa Allegri, che qualche volta ci ha provato con conseguenze vulcaniche). Perché se Mandzukic imputa ai dirigenti del club mancanza di chiarezza, per contro i dirigenti sono rimasti scottati da un’estate travagliata nella quale, per esempio, Leonardo, ds del Psg, è rimasto sotto casa di Mandzukic, senza che lui gli aprisse la porta per ascoltare la sua proposta.
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