TORINO – L’avrebbe giocata eccome, , se fosse stato dall’altra parte della barricata. Su quella giallorossa. E invece, domenica sera, salvo colpi di scena, Daniele Rugani si appresterà a vivere – suo malgrado – la ventunesima panchina stagionale in bianconero. Casomai ripensando a che tipo di svolta avrebbe potuto prendere la sua carriera se i giallorossi, in extremis, non avessero scelto di risparmiare i 25-30 milioni di euro che chiedeva la e cogliere invece l’opportunità Chris Smalling (giunto in prestito oneroso per 3 milioni di euro: ora si sta ridiscutendo il riscatto). E, vien da sé, chiedendosi che tipo di svolta, la sua carriera, potrà prendere a questo punto. Una carriera vissuta finora indubbiamente al top: vale a dire, per le ultime cinque stagni nel club più vincente d’Italia e tra i più forti d’Europa. Pur avendo solo 25 anni, Rugani ha già avuto modo di festeggiare e mettere in bacheca la bellezza di 9 titoli: 4 scudetti, 3 Coppe Italia, 2 Supercoppe Italiane.
Rugani, consacrazione o cessione?
Non esattamente, però, una carriera vissuta in prima linea: 90 presenze in bianconero, di cui 77 da titolare. E questo è il motivo per cui, dal 2015 (cioè dal debutto juventino in poi) Rugani ha sempre oscillato tra la definitiva consacrazione (quale titolare, si intende) e la definitiva cessione. Attraversando momenti e situazioni agli antipodi fatte di offerte monstre (rifiutate) e concorrenza a tratti anche titanica: da totem come Chiellini, Barzagli e Bonucci a sontuosi investimenti come Demiral e De Ligt (al netto di Caldara e Benatia, si intende: più o meno meteore).