TORINO – Quindici minuti, o giù di lì, ti possono cambiare la vita. Lo si capisce benissimo dalle foto scattate a Marko Pjaca nell’allenamento il giorno successivo a Juventus-Udinese, prima presenza stagionale in bianconero. Un volto disteso, sorridente, pronto a illuminarsi. Una serenità di cui aveva bisogno il croato, al rientro dopo dieci mesi di assenza e dopo l’ennesimo guaio con il ginocchio. L’ultimo, e terzo della serie, lo ha tenuto fuori da metà ottobre a inizio dicembre. Un fastidio che gli impediva di far parte del gruppo e che è parso quasi una passeggiata rispetto a quanto gli era accaduto in precedenza.
Due passi indietro, allora. Il primo fino al 28 marzo 2017. Pjaca è arrivato in estate dalla Dinamo Zagabria, dopo aver impressionato con la Croazia a Euro 2016. Ha 21 anni, abbina tecnica e velocità che, dalla trequarti in su, convincono la Juventus, pronta a mettere sul piatto 23 milioni e a battere la concorrenza di Inter, Milan e Napoli. Massimiliano Allegri lo fa alzare spesso e volentieri dalla panchina, gestendone il processo di crescita. Un processo che si ferma a una amichevole Estonia-Crozia, quando Pjaca si infortuna al ginocchio destro nella forma più grave. Una distorsione origina la cosiddetta “Triade infausta”: rottura di crociato anteriore, crociato collaterale e menisco (nel caso del bianconero solo lesionato). Intervento tre giorni dopo a Roma, a Villa Stuart, sotto i ferri del professor Pier Paolo Mariani, gli stessi che si sono appena presi cura del ginocchio di Nicolò Zaniolo.