Campione del mondo 2006, quasi vent’anni di carriera ad alto livello. La storia di Marco Amelia è di quelle molto particolari, perchè racconta di una continua montagna russa, a partire da quando era l’estremo difensore delle giovanili della Roma fino a quando, a trentacinque anni compiuti, si è sentito chiamare dal Chelsea mentre probabilmente già pensava al futuro da allenatore. Il portiere nato a Frascati ha raccontato parecchio di sè a Casa Di Marzio, con una serie di aneddoti che sottolineano i momenti più importanti di una storia calcistica che gli ha dato molto.
MONDIALE – La gioia maggiore ovviamente non può che essere quella del 2006. Amelia si guadagna la convocazione per l’avventura in Germania grazie alle sue ottime prestazioni con la maglia del Livorno. È il terzo, dietro a Buffon e a Peruzzi. Ma l’atmosfera e il gruppo, scosso dalle notizie su Calciopoli, fanno subito capire che la possibilità di fare qualcosa di speciale c’era. “Dal Mondiale in poi si è scoperto tutto di tutti i giocatori del 2006, anche del mister. Amalgamare il gruppo in quel periodo era un’impresa difficile, ha fatto entrare nella nostra testa l’idea di poter vincere il Mondiale. Eravamo gli unici a crederci veramente, queste vittorie si costruiscono dalle convocazioni e nei primi giorni di raduno”. E alla fine, così è stato.
CHELSEA E ROMA – In una carriera vissuta tra squadre di medio livello (Livorno, Palermo) e un’esperienza da secondo al Milan, spuntano un’occasione colta al volo e un sogno mai realizzato. L’occasione è quella di lavorare con Mourinho, che nel 2015 lo chiama al Chelsea mentre Amelia in quel momento è ad allenarsi con la “sua” Lupa Castelli Romani, in attesa di trovare un’altra collocazione. “Avevo contatti con una squadra italiana in B per tornare a giocare, ma mi sono ritrovato al Chelsea per via dell’infortunio di Courtois a mercato finito. Quando sono arrivato mi sono ritrovato Mourinho in albergo, mi ha trasmesso subito grande voglia, lui è un grande motivatore, tira fuori il meglio anche da chi è meno importante”. Il rimpianto, neanche a dirlo, è invece tutto giallorosso. “Con la Roma ho fatto tutto il settore giovanile, dagli esordienti alla prima squadra. Ho scelto di andare via con la voglia di tornare, ma non c’è stata l’occasione, il rimpianto è non aver avuto mai la possibilità di farlo. Ho sempre tifato Roma”. In una carriera così speciale, sarebbe stata la ciliegina sulla torta.