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Roma, Amantino Mancini: “Il tacco nel derby il gol più bello”

Il grande ex della Roma Amantino Mancini ha rilasciato un’intervista ai microfoni di Sky Sport, ripercorrendo la sua carriera in Italia e – soprattutto – in maglia giallorossa. Queste le sue dichiarazioni anche su questo periodo di difficoltà del calcio mondiale: “Mi ha fatto molto piacere vedere il ritorno del calcio, ma è strano non vedere i tifosi. Piano piano bisogna ricominciare con calma e con tanta prudenza. Penso che prima o poi tutto tornerà alla normalità“.

Il tuo soprannome Mancini
Deriva da ‘Mansinho’. Avevo un carattere mansueto e così mi chiamavano quando ero piccolo. Poi mi è rimasto il soprannome anche quando giocavo. Un allenatore in Brasile mi disse però che ‘Mansinho’ come soprannome non era bellissimo per un calciatore e allora mi diede il nomignolo di ‘Mancini’. Però in campo non ero affatto mansueto e anche come persona ero molto agitata diciamo. Adesso sono più calmo.

Quante volte hai rivisto il gol contro la Lazio
Un gol importantissimo. Quel colpo di tacco è stato incredibile.

Sei partito però con il Venezia. Un’avventura particolare perché in Serie B hai giocato poco
Quando vieni dal Brasile, a gennaio, è particolare. Per me è stata dura perché sono arrivato a Venezia con -4 gradi e in Serie B si giocava un calcio fisico. Ho giocato poco ma mi è servito: per capire il calcio italiano, per imparare la lingua e mi ha permesso di arrivare a Roma più maturo.

C’erano molti dubbi quando sei arrivato a Roma, soprattutto perché eri chiamato a sostituire Cafu. Quanto è stato importante Capello?
L’arrivo a Roma non è stato facile. Il primo giorno a Trigoria Capello mi chiese perché a Venezia non giocavo. Poi in Austria, durante la preparazione, mi ha messo nella squadra titolare e non sono più uscito. Facevo un lavoro eccezionale sul campo e devo ringraziare Capello per la fiducia. Io da professionista ho colto l’opportunità. Nella prima stagione ho fatto 8 gol e 15 assist circa. Passare da essere sconosciuto a questo è stato un inizio importante.

Da lì è esplosa la tua carriera. Fino ad arrivare alla notte di Lione: quel gol ti rappresenta al meglio?
E’ stata una notte splendida e quel gol contro il Lione è stato incredibile. Il Lione era una squadra fortissima. All’andata finì 0 a 0, giocammo bene ma siamo stati sfortunati. Al ritorno è stata una serata magica. Il mio gol è stato bellissimo, meraviglioso. Ho fatto 8 doppi passi!

E’ stato un gol simbolico per quella squadra lì…
Eravamo una squadra forte, giocavamo a memoria con Spalletti. Era eccezionale, l’allenatore più forte con cui ho lavorato. Voglio prendere esempio da lui. E’ stato un grandissimo.

Si vedeva che in campo c’era molta allegria. Eravate intercambiabili
Era piacevole giocare in quella squadra. Eravamo allenati bene, davvero bei tempi.

E’ vero che Capello ti voleva alla Juve?
Sì, dopo il primo anno mi voleva.

Ci saresti andato?
Quell’anno no. Volevo sfruttare ancora il primo anno.

Come è stato giocare con Cassano? E’ lui il compagno più forte con cui hai giocato?
Un giocatore eccezionale con qualità tecniche incredibile. Un fuoriclasse, anche se doveva avere il cervello più equilibrato.

Perché non sei stato riscattato dal Milan dopo il prestito?
Ho fatto tre partite e mi sono subito infortunato, rimanendo fermo per tanto. Il prestito era fino a maggio e quindi non sono rimasto.

Ti aspettavi qualcosa di meglio dall’avventura milanese?
Il primo anno all’Inter è andato bene, poi abbiamo cambiato sistema di gioco e non ho più avuto spazio. Questo è il calcio però, un anno riesci a giocare mentre il successivo non vai bene. Non è però sempre colpa dell’allenatore. E’ stata un’esperienza unica quella a Milano.

Cosa vuoi copiare da Spalletti?
Lui insegna calcio, ti fa capire un sacco di cose e di movimenti. Durante gli allenamenti partecipa e ti insegna tutto a livello tattico. Voglio prendere quello.

Da Capello invece?
Tutti lo rispettavano e aveva una rosa di giocatori incredibili.

Sul calore dei tifosi
Sono contento di essere rimasto nel cuore delle persone e da sconosciuto essermi fatto un nome. Cercherò di insegnare questo ai miei figli, soprattutto perché non è facile venire dal Brasile e riuscire a lasciare il segno.

Hai perso fiducia in te in quei mesi difficili a Venezia?
No, perché ho sempre creduto in me stesso. Il calcio italiano è sempre stato uno dei più visti in Brasile. Avevo questo sogno dell’Italia, anche se a Venezia è stato un periodo particolare. Quando sono arrivato in Italia, sempre a Venezia, mi hanno messo davanti un piatto di crudi e ho detto al mio procuratore Alemao che non sarei mai potuto rimanere (ride n.d.r.).

Quanto è lontana la tua Serie A da questa Serie A?
E’ cambiata molto, perché tecnicamente le squadre erano molto superiori. Un calcio molto più competitivo, soprattutto nelle squadre di media classifica. Era difficile andare a giocare ad Ancona ad esempio. Nel calcio di oggi un esterno deve essere capace di saltare l’uomo, mentre vedo che sono in pochi a farlo. Bisogna creare superiorità numerica.

Come è stato giocare con Totti?
Un onore, perché ha una qualità tecnica e un rapporto con i tifosi incredibile. Era diverso dagli altri, una qualità tecnica assurda.

Che capitano era?
Tranquillo, un ragazzo unico ed eccezionale.

Perché hai perso il posto con Mourinho?
Lui ha capito che in quel periodo il 4-3-3 non andava bene e quindi ha cambiato. Lui è un allenatore che riesce a tirare fuori il meglio dai giocatori. Ricordo una volta che abbiamo perso una partita per 3 a 0 ma ha distolto l’attenzione dalla sconfitta. E’ una bravura dell’allenatore questa.

Fu lui a bloccare il trasferimento al Genoa?
Sono io che non sono voluto andare lì.

Quale è stato il gol più bello della tua carriera?
Sicuramente il tacco nel derby, un gesto tecnico meraviglioso. E’ stato quello il gol più bello.


Fonte: http://www.gazzetta.it/rss/serie-a.xml


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