La cordata rappresentata dal bostoniano lascia dopo 9 anni. L’exploit della semifinale di Champions ma un amore mai sbocciato con i tifosi. E una gestione basata su oltre mezzo miliardo di plusvalenze, diventata insostenibile
No, non è stata la rivoluzione americana di cui la Roma e tutto il calcio italiano avrebbero avuto bisogno. E non semplicemente per il triste, solitario finale. In nove anni da co-proprietario (otto da presidente), James Pallotta ha sì mantenuto i giallorossi nei quartieri nobili del calcio italiano – tre secondi posti in A, una semifinale di Champions League – ma senza lasciare in bacheca alcun titolo e, soprattutto, consegnando agli archivi una sensazione di incompiutezza, di delusione non solo tra i tifosi ma anche tra gli osservatori.