Cesare Prandelli non è stato solo uno dei tecnici che hanno avuto la fortuna di allenare Andrea Pirlo – nel suo caso in Nazionale tra il 2010 e il 2014 -. E’ stato anche l’uomo scelto da Pirlo per scrivere la prefazione della sua autobiografia, “Penso, quindi gioco”, uscita nel 2013. Un legame particolarmente significativo, dunque, quello che li ha uniti. Come particolarmente significativo è un passaggio di quella prefazione: «Pirlo mi ricorda in maniera incredibile Gaetano Scirea: gli assomiglia, il loro modo di essere è identico, e davanti a questi leader silenziosi – le rare volte in cui decidono di intervenire nello spogliatoio per dire qualcosa – si zittiscono tutti. Ho assistito dal vivo a scene del genere e non le potrò mai dimenticare».
E non le ha dimenticate…
«Assolutamente, Andrea mi ricorda Gaetano. Il leader non dice “io sono un leader”. Lo dicono gli altri. Quando hai certi comportamenti, fai certe giocate, gli altri ti seguono. Pirlo faceva parlare tecnica e intelligenza tattica. E quando poi il leader silenzioso parla, come accadeva con Scirea e con ui, tutti stanno zitti. Ma tutti. Dicono: “Ok, ora sentiremo qualcosa di non banale, che fa riflettere”».
Un allenatore però deve parlare tutti i giorni.
«Certo, ma Andrea, come confermano tutti i compagni, ha anche grande ironia e dunque grande intelligenza e questo gli resterà anche nel rapportarsi da allenatore. E’ stato un grande campione e sa parlare il linguaggio dei campioni: non avrà difficoltà. Nel momento in cui la Juventus decide di affidargli la prima squadra non penso che siano impazziti. Avranno ponderato tutto bene e lui sicuramente avrà studiato e ha convinto la società a dargli fiducia. Non hanno improvvisato nulla».
Leggi l’intera intervista sull’edizione odierna di Tuttosport
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