Il 2 settembre 2005 il presidente granata raccoglieva un club fallito, costretto a ripartire dalla B, spogliato di tutto. Ora traccia un bilancio, guardando alle sfide del futuro
Quindici anni, nel calcio, sono una vita. Era il 2 settembre del 2005 quando Urbano Cairo, osannato dai tifosi granata, prendeva un Toro fallito, costretto a ripartire dalla B e spogliato di tutto. In sette giorni di lavoro “matto e disperatissimo” per dirla con Leopardi, costruiva in fretta e furia una squadra e nove mesi dopo tornava in A. Dopo quella stagione di rinascita esaltante ne sono seguite altre 14, tra gioie, soddisfazioni e qualche delusione. Di innegabile c’è stata la capacità di rendere il Torino una società solida, sana, con nuove strutture prima inesistenti, avendo tutti giocatori di proprietà e un settore giovanile di ottimo livello. Restando sempre al passo con i tempi e occupando un ruolo stabile in un calcio in continuo, profondo, mutamento.