Difficile capire che cosa Andrea Pirlo intenda fare della Juventus. Difficile accettare che un gruppo, non di scarsa qualità, sia ancora alla ricerca, oltre ad una identità tattica, anche di una fisionomia caratteriale che sembra avere smarrito, non soltanto contro il Barcellona. Se i catalani si possono permettere di utilizzare un diciassettenne di nome Pedri, pagato milioni cinque e la Juventus sente maledettamente l’assenza di un trentacinquenne di nome Cristiano, significa che il futuro non è a Torino. I giovani bianconeri sono stati pagati da otto a dieci volte più di quelli catalani. Pirlo è partito con la gloria del passato e troppi elogi di regime, quando il club, agli inizi degli anni settanta, decise di puntare su un altro grande ex, Armando Picchi, costui aveva come riferimenti Boniperti ed Allodi. Figure di questo spessore sono oggi assenti. Non basta il cognome, non basta il tifo, non basta il pennacchio di un incarico, ci vogliono personalità e competenza, ci vuole una compattezza che invece si vede frantumata in certe parole di Nedved o di Paratici, malissimo gestiti, anzi non gestiti da chi dovrebbe occuparsi, non esclusivamente, del presidente ma di tutto il gruppo squadra. In altri tempi l’allenatore sarebbe già a rischio ma è da escludere che Pirlo possa temere un esonero, semmai si può prevedere che a fine stagione saranno altre teste a pagare il conto, Paratici ha dato il massimo in questi dieci anni, le sue responsabilità sembrano esclusive mentre andrebbero ripartite con gli altri suoi collaboratori e con lo stesso presidente. Di Nedved si onora la fede e una carriera gloriosa come quella di Pirlo ma poi conta l’operatività.
La Juventus vista contro il Barcellona è stata mortificante, le quattro assenze non giustificano un comportamento indolente di alcuni calciatori, l’apatia di Dybala che esige quindici milioni di salario, l’inconsistenza di Rabiot e la pigrizia di Bentancur, così come la fragilità caratteriale di Kulusevski o l’irruenza infantile di Demiral. Di “pallapersa” Bernardeschi inutile aggiungere, anche se il suo stipendio fa urlare al cielo. Le note negative non vengono rimediate dall’allenatore che è un uomo solo e nemmeno al comando. La sconfitta era prevedibile ma non la prestazione umiliante; la classifica di serie A, dopo 5 partite, denuncia 6 punti sul campo (frase che piace molto) e 9 grazie al giudice sportivo, contro avversari non irresistibili. Pirlo deve sperare nel ritorno di tutti gli effettivi ma non basta, serve un coinvolgimento maggiore, servono idee ed insegnamenti, serve ritrovare la cattiveria agonistica. Serve la Juventus. Che è scomparsa anche nel logo. Dicono gli esperti che l’icona J renda il club riconoscibile nel mondo. Per il momento, la squadra è irriconoscibile sul campo.