Hierro e le italiane, una certa esperienza. La “locomotiva” del Real Madrid ha giocato 103 incontri internazionali con il Madrid nelle competizioni europee. E 15 sono state contro squadre italiane. Due volte, entrambe da dimenticare, contro il Milan. Gioie e dolori contro la Juventus, affrontata cinque volte. Quindi due partite contro il Torino e la Lazio, una contro l’Inter e tre con la Roma. Abbastanza, per dire la sua ad AS in vista della sfida con l’Atalanta. Un doppio confronto che non toglie il sonno allo spagnolo.
ALTRA COSA – Hierro ricorda le sue Champions e gli incroci con le italiane. E pur mostrando rispetto verso l’Atalanta, l’ex capitano dei blancos ritiene che la Dea non sia all’altezza delle squadre di serie A affrontate durante la sua carriera. “Con tutto il rispetto del mondo, l’Atalanta è una squadra meravigliosa che gioca un calcio molto offensivo, ma ai nostri tempi i club italiani che abbiamo incontrato erano di diversa caratura. Se penso a Juventus, Inter, Milan, è ben altra cosa. Gli italiani, a quei tempi, erano i dominatori d’Europa. Si sono sempre distinti per potenza fisica e tattica. Erano due concetti che funzionavano molto bene. Poi nel primo decennio degli anni 2000 li abbiamo subentrati. Ecco perché il Madrid ora deve avere fiducia nelle sue possibilità, perché l’Atalanta non è una da cui lasciarsi intimorire”.
(Photo by Shaun Botterill/Getty Images)
PRECEDENTI – Del resto Hierro parla a ragion veduta. Pochissime soddisfazioni, quando ha incrociato le italiane. “Erano molto organizzate tatticamente. Il primo ricordo è il Milan di Sacchi. Io non c’ero ma i miei compagni mi hanno parlato di quel 5-0. L’ultima volta invece è stata contro la Juventus, nel 2003. Una squadra straordinaria, perdemmo 3-1, Figo sbagliò un rigore, Ronaldo si infortunò e il gol di Zidane non ci è bastato. Avrei voluto salutare l’Europa e la Champions vincendo. Incontrare le italiane mi ricorda anche la Septima, la Coppa più importante della storia recente del Real. Vincere è stato importante per liberarci di una ossessione di una vittoria che non arrivava da 32 anni”.