TORINO – Nel mix, davvero variegato e contrastante, di reazioni alla prima uscita (e alla prima fregatura) del Toro di Juric in campionato, ce n’è una che domina per distacco: perché, nell’arco di quei 95 minuti di speranze e frustrazioni, è venuta almeno una volta in mente a ogni spettatore: cosa sarebbe successo – ma soprattutto: come sarebbe finita la partita con l’Atalanta – se Vagnati avesse dato al tecnico croato i due/tre/quattro rinforzi di ruolo richiesti? Non Pelé e Maradona, eh; manco Messi, che pure era finalmente tornato sul mercato prima che il Psg lo soffiasse a Cairo («purtroppo non è in vendita» celiò il presidente un paio di estati fa). Un mediano di personalità e piedi decenti da affiancare a Mandragora; un trequartista nato tale e non un riciclato alla Linetty, un’incognita alla Verdi , un ordinario alla Lukic, un mazzolatore come Rincon, un impalpabile come Baselli; un attaccante che non sia un’altra prima punta (Jurix dixit, con riferimenti a Sanabria e Zaza) e sappia integrarsi a Belotti; un difensore che compensi a perdita di Nkoulou, la partenza di Lyanco, le amnesie di Izzo, i limiti di Djidji, la giovinezza di Buongiorno e non renda obbligatorio l’impiego di Rodriguez a supporto di Bremer, l’unico di retroguardia oggi davvero affidabile a 360 gradi. Già così il Toro avrebbe meritato non solo di non perdere, ma addirittura di vincere. Lo ha ammesso perfino Gasperini. Ora, se giammai è il caso di esaltarsi o anche solo illudersi per quanto di buono visto sabato- alla fine della fiera il Torino ha comunque iniziato perdendo in casa) esattamente come aveva finito – mai come stavolta suona fuori luogo perseverare nel catastrofismo a prescindere. È certo legittimo lo scetticismo di tantissimi tifosi ustionati, da corsi e ricorsi sempre terribilmente simili e urticanti, ma quanti hanno recensito lo stesso film già girato da Giampaolo & C. o non hanno guardato la partita oppure sono accecati dalla prevenzione, comprensibile ma in questo caso ingenerosa. Non per la società, sia chiaro, visto che le responsabilità dello sfascio degli ultimi anni è giusto che sempre lì ricadano, ma per i segnali di gioco, di atteggiamento, di ritmo, di approccio al match, di gestione delle difficoltà, di reattività e propositività.
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