Osannato ad agosto, il condottiero che i tifosi della Roma cercavano adesso è chiamato a trovare una nuova dimensione. Grazie al suo carattere e alla sua esperienza può riuscirci
Stava seduto, con l’espressione in bilico fra il sospetto e la rassegnazione. Un bel primo tempo stava svanendo, ma Venezia è un imbroglio che riempie la testa soltanto di fatalità (Guccini). Tutto piano piano s’inclinava e Mourinho guardava la partita come noi altri, soffrendola molto di più. Soffriva, sicuramente, perché José Mourinho è un condottiero che “sente” il battito dei suoi, sente la fiducia del popolo – che comanda – e invece in questo momento rimanda un’immagine di solitudine: un recesso da quel comando per la distanza dai suoi in campo, mezzi dei quali riformati alla visita (del militare portoghese), e da quel popolo che a Ferragosto (amichevole Roma-Raja Casablanca) lo festeggiò come un ritorno alla vita, o almeno a una dimensione superiore: la prima volta allo stadio insieme, dopo tanti mesi, lo stadio allora ancora sfoltito dai limiti di legge, ma insieme.