“Ha trovato normale andare a casa dallo stadio così. La convocazione? Gli ho detto ‘goditi la serata, ma non è successo nulla’”
Tram numero 16. Quello che dal piazzale di San Siro passa ad omaggiare il Duomo e termina la sua corsa in via Monte Velino, dalla parte opposta della città. Lapo Nava l’ha preso verso le 21 di giovedì sera, quando è uscito dalla pancia del Meazza, lasciandoselo alle spalle, e raggiungendo il capolinea. È salito in tenuta da lavoro – tuta e giacca a vento sociali – e si è diretto verso casa, in centro città. Mancava il borsone, ma quello è governato dai magazzinieri. Lapo ha 17 anni e per un ragazzo della sua età è normale utilizzare i mezzi pubblici. Un po’ meno normale se a San Siro ci sei appena stato per la partita. Cioè: non per vederla dalla tribuna, ma dalla panchina. Terzo portiere rossonero, chiamato per la prima volta da Pioli assieme a “Magic” Mike Maignan e Antonio Mirante. Lapo, salendo su quel tram dopo aver fatto la doccia e riconsegnato la sua maglia numero 92, ha fatto diventare normale la serata più bella della sua vita da quando gioca a pallone. Un contrasto emerso in tutta la sua dirompenza nello scatto pubblicato sui social che lo ritrae in piedi sul tram, con lo sguardo sul telefono e una quantità industriale di pensieri ed emozioni affastellati nella testa. Poi è arrivato, si è cambiato ed è uscito con gli amici: un boccone al volo da McDonald’s – dopo la partita uno strappo alla dieta ci sta – e rientro a casa per le 23.30.