Sognava di suonare ma girava col machete, magie in campo e bagordi fuori, amicizie tutte curve a Parma e amicizie pericolose in Colombia. E un giorno a Tino chiesero persino: “Possiamo uccidere Chilavert?”
Tino Asprilla da piccolo sognava di diventare un musicista di salsa, però era abilissimo con l’uso del machete, che non è esattamente lo strumento adatto per suonare le percussioni. Il machete se lo portava in giro fin da ragazzino, perché dov’era nato – a Tuluà, nella valle del Cauca, a un centinaio di chilometri da Calì, siamo in Colombia – in quegli anni – a cavallo tra i 70 e gli 80 – era cosa buona e giusta avere un machete a portata di mano. Passava le giornate per strada, non che avesse tanti altri posti dove andare. Bighellonava, si arrangiava con qualche affare poco lecito, fiutava il vento. Come lui: a decine, a centinaia. In casa erano cinque figli.