TORINO – Divideva i tifosi bianconeri quando inanellava Scudetti e sfiorava la Champions, Massimiliano Allegri, figurarsi dopo una stagione in cui la Juventus ha semmai sfiorato la lotta Scudetto e abbandonato la Champions agli ottavi. Così, alla fine della prima annata dedicata alla costruzione di un nuovo ciclo vincente, il tecnico livornese è al centro del dibattito tra gli juventini, di certo quello che suscita più discussioni tra gli allenatori delle squadre piazzate nelle posizioni di classifica che portano a un posto in Europa. Abbiamo provato ad analizzare cosa ha funzionato e cosa no in questa stagione. Non a caso prima della finale di Coppa Italia, partita secca che può essere influenzata da tanti fattori casuali.
Allegriana a metà
«Mi piacerebbe continuare a vedere nella squadra quella capacità che Massimiliano le ha sempre dato, di passare anche mezzora in difficoltà e poi in 10 minuti tritare una partita». Maurizio Sarri, erede di Allegri sulla panchina della Juventus dopo l’addio del 2019, nel giorno della propria presentazione rispose così a chi gli chiedeva quale qualità della Juventus del suo predecessore gli sarebbe piaciuto vedere nella sua. Quel desiderio di Sarri fotografa bene la cosa che è riuscita meglio ad Allegri in questa prima stagione della sua seconda era bianconera – ricostruire la capacità di soffrire – e anche quella che invece non gli è riuscita – ricostruire la capacità di tritare la partita. Anche, anzi, soprattutto per la mancanza di uomini in grado di farlo, perso Cristiano Ronaldo all’ultimo giorno di mercato e ottenuto Dusan Vlahovic a gennaio, dopo aver nel fratempo perso Federico Chiesa. Ma non solo per quello.