MILANO – Nulla di nuovo sotto il sole per l’Inter. È il paradosso che contraddistingue Suning e la famiglia Zhang, unica proprietà cinese rimasta in un club europeo di alto livello: nei primi sei anni di presidenza, nessuno ha vinto più trofei (non ci sono riusciti i Moratti , Fraizzoli e Pellegrini ) ma – c’è da scommetterci – il giorno che il gruppo di Nanchino venderà la società (magari a un fondo: ci si era andati vicini con Bc Partners) molti stapperanno spumante. Al momento, a meno che non si presenti qualche emiro – il valore del club è salito a 1,2-1,3 milioni -, l’eventualità non è presa in considerazione. Questo nonostante tenere accesa la macchina non sia cosa da poco: l’Inter infatti “brucia” 200 milioni l’anno e, anche per questo, in tempi di Covid è stato necessario mettere in sicurezza i conti grazie all’accordo con Oaktree tramite un finanziamento da 275 milioni di euro legato però al raggiungimento di alcuni obiettivi finanziari legati al contenimento delle spese. Il bilancio al 30 giugno è stato chiuso con un passivo da 140 milioni – erano 250 nel 2021 – ma c’è la convinzione che con le riaperture degli stadi i ricavi torneranno a moltiplicarsi (intanto i 40.000 abbonamenti messi in vendita sono andati esauriti). Suning non molla anche perché la partita per lo stadio di proprietà è ancora aperta. Argomento che per la proprietà cinese è meno importante rispetto al fondo di investimento che governa il Milan, ma che in ogni caso è considerato strategico per migliorare sensibilmente il fatturato del club che, entro fine mese firmerà un nuovo settlement agreement con la Uefa.
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